Di recente ho scritto un breve saggio, che dovrebbe essere pubblicato a breve insieme ad altri contributi, dove ipotizzo cosa accadrebbe se in un batter di ciglia ci ritrovassimo tutti quanti in una condizione da età della pietra. Niente energia elettrica, riscaldamento o carburanti per i trasporti, niente linea internet, centri commerciali chiusi e supermercati con scaffali vuoti, negozi chiusi, incluse le farmacie, e zero servizi pubblici come scuole e ospedali. Uno scenario ipotetico e per assurdo che ho utilizzato per impostare un ragionamento finalizzato a dimostrare la fallacia della teoria del “patriarcato”, nome che il femminismo dà al setting basico crudelmente competitivo intrinseco alla natura stessa delle cose, allo scopo di ottenere, tramite una distorsione ideologica, potere e privilegi per una parte specifica dell’umanità (oltre che per chi se ne fa portavoce). Nello scenario di crisi da me delineato, uomini e donne si troverebbero nella condizione di dover fare ricorso alle loro inclinazioni naturali di base per affrontare due situazioni alternative: un’anarchia diffusa dove domina la regola “della giungla”, oppure la formazione di comunità cooperanti capaci di autoregolarsi e di organizzare un sostegno reciproco tra i loro componenti.
Oggi navigo tra diversi siti di informazione economica, leggo studi accademici e statistici, e scopro che quello scenario tremendo che proponevo come ipotesi per assurdo, tanto ipotetico e tanto assurdo potrebbe non esserlo affatto. Il consenso diffuso è che siamo a pochi passi, qui nel nostro occidente, da un periodo talmente traumatico da porsi come spartiacque nella storia della nostra civilizzazione. Qui non voglio analizzare come siamo arrivati a questo punto di svolta (ci penseranno gli storici tra una cinquantina d’anni), mi interessa di più capire quali conseguenze ci saranno nel breve-medio periodo. Si tratta di argomenti di cui si parla molto fuori dai confini italiani e che i nostri mass-media invece ignorano in modo pressoché totale, essendo del tutto occupati a fare da accompagnamento, ognuno secondo il proprio settarismo, ai solisti di quella che potrebbe essere l’ultima campagna elettorale della nostra comatosa democrazia. Dunque è in Gran Bretagna, Olanda, Germania, Repubblica Ceca, paesi scandinavi e Stati Uniti che si trovano riflessioni sul baratro davanti al quale siamo in bilico. E il quadro che ne risulta è fosco.

Crisi energetica e inflazione.
In Gran Bretagna si prevede che una persona anziana su sette sarà costretta a tenere spento il riscaldamento quest’inverno, non potendosi permettere il pagamento della bolletta. Le varie associazioni di assistenza britanniche hanno già suonato l’allarme, rivolgendosi alle loro leadership politiche: «c’è il rischio che l’inverno faccia più vittime del covid». Ma non si tratta soltanto di riscaldamento: il timore è di avere razionamenti dell’elettricità (già messi in atto, forse come forma di test, nel piccolo Kosovo, dove l’energia viene sospesa a tutti per due ore ogni sei, mentre nella più grande California si parla ormai apertamente di blackout programmati), unitamente a un aumento astronomico dei prezzi dei beni, specie quelli alimentari, che nel Regno Unito già registrano incrementi mai visti in precedenza. In Germania, si sa, l’inverno è particolarmente rigido, e le autorità stanno preparandosi a trasformare gli impianti sportivi indoor in “zone di riscaldamento pubblico”, per permettere ai cittadini di ripararsi e di fuggire dal freddo delle loro case, dove saranno costretti a tenere termosifoni e acqua a basse temperature, riscaldandosi magari con un uso alternativo di candele e riscaldatori di tè in terracotta (che infatti stanno andando a ruba su Amazon, nonostante i prezzi sempre più proibitivi), con una connessa previsione dell’aumento di incendi nelle case. Ovunque, però, non ci sono soltanto i privati cittadini: ci sono anche aziende ed esercizi piccoli, medi e grandi, buona parte dei quali avrà, di fronte alle bollette, più convenienza a chiudere che a proseguire l’attività. Ciò comporterà perdita di posti di lavoro, calo della produzione e della distribuzione di beni, impossibilità a erogare gran parte dei servizi. Quei pochi che manterranno il posto di lavoro saranno spediti, ove possibile, in smart-working, sulla base di un modello di lockdown ampiamente collaudato durante la pandemia. Accadrà non per una questione di salute pubblica: stavolta la bugia sarà “per risparmiare energia”. In realtà sarà perché se casa diventa ufficio, il riscaldamento sarà in capo al lavoratore e non all’azienda.
Secondo un ampio consenso, ci saranno conseguenze sugli approvvigionamenti più indispensabili: farmaci e soprattutto cibo. Sotto questo aspetto colpisce l’attacco frontale che stanno subendo le attività agricole in tutto il mondo occidentale. Le notizie si trovano soltanto spulciando i media dei vari paesi: in USA, Canada, Francia e Olanda (su quest’ultima qualche notizia è trapelata, in realtà) gli agricoltori stanno subendo l’aggressione dei rispettivi governi che, con il pretesto di voler attuare politiche green, stanno cercando di fatto di farli fallire, costringendoli a vendere le loro attività e i terreni a grandi corporate internazionali. La mobilitazione dei contadini è forte, crescente e determinata in alcuni paesi, ad esempio in Olanda, mentre altrove (USA e Canada) molto meno: le violenze istituzionali di Trudeau ai trucker sono ben fissate nella memoria e funzionano molto bene come disincentivo alla protesta. Tra le fibre stesse di questo scenario serpeggia poi un fenomeno diffuso e dannosissimo: l’inflazione. Ancora più pericolosa perché, non derivando da un eccesso di domanda ma dal costo dell’energia, non può essere risolta da un aumento dei tassi d’interesse da parte delle varie banche centrali, le cui decisioni andranno quindi a peggiorare ancora di più, se possibile, lo scenario generale, perché a quel punto prendere soldi a prestito avrà costi improponibili. Anzi: alle banche non converrà più darne e chiuderanno direttamente i rubinetti.
Uomini e Donne insieme.
Uno scenario disastroso, insomma. Per questo si parla di spartiacque nella storia della civiltà occidentale. Per questo quell’ipotesi per assurdo che ho fatto nel mio breve saggio assume improvvisamente un nuovo senso. Ipotizziamo che tutte queste Cassandre abbiano ragione nelle loro previsioni, la domanda è: che fare? Cosa possiamo fare noi di fronte a una condizione estrema come forse nemmeno i nostri nonni hanno vissuto? Come detto, avremo due opzioni: l’anarchia totale o la collaborazione comunitaria. Nel primo caso, che scarto istintivamente, prevarranno e sopravvivranno i più forti e spietati, punto e stop. Nel secondo caso, Uomini e Donne saranno chiamati a guardare in faccia, accettare e legittimare reciprocamente le proprie rispettive intrinseche nature, ingaggiandole per ciò che possono dare in un’ottica di sopravvivenza comune. Ci sarà bisogno di Uomini per garantire l’organizzazione, la difesa e la protezione delle comunità, per fare i lavori fisicamente impegnativi o più pericolosi ma indispensabili per garantire le condizioni di vivibilità; ci sarà bisogno di Donne per la cura fisica ed emotiva delle persone e per una razionale capitalizzazione di ciò che di profittevole hanno realizzato gli uomini, nonché ovviamente per la gestazione di nuove generazioni. Gli uni e gli altri, con le loro iniziali maiuscole, nelle condizioni estreme che vengono da molti paventate, si distingueranno dai loro simili con le iniziali minuscole, quegli uomini e donne che per molto, troppo tempo, si sono persi in settarismi ideologici. Di fronte al freddo e alla fame, sciocchezze e falsità come la schwa, la parità salariale, la vittimizzazione forzata del femminile e la criminalizzazione forzata del maschile, e tutto l’altro armamentario farlocco che ben conosciamo, appariranno per ciò che sono: inutile veleno.
Il corpo sociale espellerà all’istante quel veleno di fronte alla crisi e alla connessa necessità di cooperare ognuno per ciò che, per natura, sa e può dare al meglio. Ed è anche in questo che si vede quanto profondo sarà lo spartiacque tra il degrado di oggi e la rifondazione umana successiva: covid e guerra hanno già contribuito a dividere il grano dalla pula, il futuro imminente sarà il setaccio definitivo. Quella rifondazione però va preparata con cura. Finora abbiamo parlato del domani, un domani tremendamente vicino. La chiamata a Uomini e Donne è però assolutamente attuale. Nell’ipotesi (altamente probabile) che le previsioni circolanti si avverino, è necessario che già oggi Uomini e Donne si guardino attorno, individuino le possibili componenti di piccole comunità solidali e cooperanti e comincino a connetterne le parti e a dividersi i compiti, dopo aver raccolto le risorse disponibili e le capacità da poter mettere in comune. Guardate alle vostre famiglie (istituzione che in tempo di crisi tornerà improvvisamente a essere cruciale), ai vicini, agli amici e conoscenti, dimenticando ogni possibile differenza o divisione, vecchie ruggini o antipatie: trovate il filo rosso che collega gli individui attorno a voi e che può funzionare per cucire il legame di una piccola realtà vivente e resistente dove gli uomini siano Uomini e facciano gli Uomini, e le donne siano Donne e facciano le Donne, come capita e come serve che sia quando crollano, come sta per accadere, le sovrastrutture costruite sopra la base fisiologica intrinseca dei due generi. Uomini e Donne, insieme, si muovano ora che c’è ancora tempo. Nel godimento dei risultati della loro azione di oggi, ovvero nella sopravvivenza futura, ci sarà una piccola ma importante soddisfazione: vedere gli altri uomini e donne (in minuscolo) soccombere, insieme alle loro idee malsane, o venire finalmente a patti con la realtà.