In tutto il mondo la democrazia è sotto assedio. In molti Paesi, le persone vengono arrestate per post “offensivi” sui social media, alcuni partiti politici sono sottoposti a sorveglianza statale per le loro presunte opinioni “estreme” e si sta affermando un sistema di giustizia a due livelli quando si tratta di questioni relative a uomini e donne e alle loro relazioni. In questo scenario, le attiviste femministe possono essere individuate come una delle cause principali dell’arretramento dei diritti fondamentali dei cittadini. Questo sotto almeno cinque profili.
- Tolleranza politica: in una democrazia, tutti i cittadini hanno il diritto di condividere le proprie opinioni con gli altri, anche se queste idee sono in contrasto con le narrazioni popolari. In molti Paesi si è affermata una forma di “correttezza politica” che scoraggia le persone dall’esprimere opinioni come l’idea che gli uomini, e non le donne, affrontano un’ampia gamma di svantaggi.
- Elezioni libere e corrette: le democrazie assicurano che le elezioni siano aperte e corrette. Secondo il “Portale delle quote di genere” creato da UN Woman, però, decine di Paesi applicano rigide quote di genere. In 80 Paesi sono state stabilite quote per i candidati politici e 18 Paesi hanno riservato un numero fisso di seggi legislativi alle donne.
- Parità di trattamento davanti alla legge: le ricerche confermano che le donne hanno la stessa probabilità degli uomini di commettere violenza domestica. Le femministe ignorano queste centinaia di studi, insistendo sul fatto che solo le donne sono meritevoli di protezione legale dagli abusi domestici.
- Indagini imparziali: le indagini obiettive sono essenziali per una decisione giudiziaria affidabile. Ma le femministe cercano di compromettere l’imparzialità delle indagini, spingendo per politiche di parte per “credere alle donne” e “credere alla vittima”.
- Libertà di parola: Pew Research riporta che il 43% degli uomini, rispetto al 38% delle donne, ha subito molestie online. Ma le femministe sostengono l’esatto contrario, cioè che le donne sono più a rischio di molestie, e spingono per le cosiddette leggi sull’“hate speech”.
Una patologia mondiale.
In tutto il mondo, insomma, sembra che piuttosto che lavorare per una vera uguaglianza di genere, le femministe abbiano una visione di giustizia sociale in cui i (cosiddetti) gruppi oppressori, come i popoli bianchi, debbano essere messi alle strette. Uno dei critici più espliciti del femminismo è stato il presidente argentino Javier Milei. Rivolgendosi alla recente riunione del Forum economico mondiale, Milei ha affermato che «siamo persino arrivati al punto di normalizzare il fatto che in molti Paesi presumibilmente civilizzati, se si uccide una donna, si chiama ”femminicidio”. E questo comporta pene più gravi rispetto all’uccisione di un uomo, semplicemente in base al sesso della vittima, facendo sì che la vita di una donna valga più di quella di un uomo». In Italia ne sappiamo qualcosa, visto che un DdL del genere è in discussione in Parlamento. Ma non è tutto: Freedom House riferisce che negli ultimi anni gli ideali democratici hanno subito un arretramento in tutto il mondo. Guarda caso sono gli stessi anni in cui il femminismo dilaga indisturbato. I legislatori sinceramente desiderosi di proteggere la democrazia dalle grinfie del totalitarismo dovrebbero smettere di supportare politiche e programmi di ispirazione femminista, sperando di averne un tornaconto elettorale.