La Fionda

Il cielo è arcobaleno sopra Bruxelles (2)

Cosa fanno con tutti questi soldi le lobby arcobaleno? Tutto ciò che – dentro il cavallo di Troia dell’inclusività e progresso de “idiritti” – è utile all’avanzamento dell’ideologia arcobaleno, dal sostenere cause legali (che poi facilmente costituiranno precedenti vincolanti), al fornire programmi di “formazione” per insegnanti, forze dell’ordine, avvocati, medici e altri settori sensibili della società (esempi qui e qui), in cui si spingono i linguaggi, i concetti e le tesi che fanno comodo alla causa arcobaleno; fino al fare attività diretta di lobby e infiltrazione politica, ad es. finanziando campagne elettorali in favore di soggetti (spesso ex-attivisti) che poi saranno compiacenti nello spingere l’ideologia arcobaleno con la propria attività. In questo modo siamo arrivati alla “Strategia per l’uguaglianza LGBT 2020-2025”, sotto la quale tra i vari interventi è stato aggiornato il documento “Diritti umani e identità di genere” del 2009, ora “Diritti umani e identità ed espressione di genere” (2024), in cui si richiamano gli Stati membri a incorporare nelle proprie strutture normative il riconoscimento legale dell’identità di genere auto-percepita (anche per i minorenni), l’adozione di un “terzo genere” legale, e l’accesso agli spazi pubblici e agli sport riservati ad un sesso in base al proprio uzzolo.

Ovviamente non è finita quest’anno, anzi, a dar retta a questi “filantropi” siamo appena all’inizio: l’UE ha infatti promulgato il mese scorso la nuova “Strategia per l’uguaglianza LGBT 2026-2030”. A giustificare la necessità di questa nuova operazione, il solito vittimismo basato sui soliti dati farlocchi e manipolati ad hoc per trasmettere un allarme su “idiritti” negati e in pericolo, da difendere col supporto della buona volontà di tutti i cittadini europei (che certamente non vorranno andare contro “idiritti” e trovarsi tra coloro che “spargono l’odio”). Si prenda ad esempio la pagina dedicata dal sito della Commissione Europea: «L’accettazione delle persone LGBTIQ+ da parte della società è in rapida crescita in tutta l’UE negli ultimi anni: secondo il 3° sondaggio sul tema dell’Agenzia UE per i Diritti Fondamentali (FRA), le persone LGBTIQ che vivono apertamente il proprio orientamento sessuale e l’identità di genere sono in aumento». Tutto bene quindi, no? «Ma allo stesso tempo c’è un significativo aumento dei comportamenti vessatori motivati dall’odio (“hate-motivated harassment”) contro le persone LGBTIQ, con più della metà di esse che testimonia di averne subiti (55%, 18 punti in più rispetto al 2019)». Ah, ecco. Il lettore medio non si soffermerà su questa patente contraddizione, e registrerà piuttosto l’urgenza di fare qualcosa contro “l’odio” e la persecuzione diffusa contro gli abcdefghi+.

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I soliti dati farlocchi per creare allarmismo.

Per svelare l’arcano bisogna andare a scavare nei “sondaggi” citati. Trattasi del secondo (2019) e terzo (2023) survey della FRA sui soggetti arcobaleno, che hanno però il piccolo problemino di non essere attendibili, in quanto raccolti su web, in modo anonimo, senza alcun sistema di verifica della veridicità delle risposte date, e il cui campione è selezionato soprattutto mediante il passaparola delle associazioni arcobaleno esplicitamente coinvolte nella lotta per “idiritti” e “contro l’odio”, che da decenni campano su questa propaganda e sulla diffusione di questo tipo di allarme. Last but not least, nella migliore tradizione degli analoghi “sondaggi di percezione” della vittimizzazione femminista, il questionario è posto in modo tale da registrare, per larga maggioranza, non stati di cose e fatti precisi e ben definiti, ma percezioni personali del soggetto. Ad es. «Ti capita di evitare di esprimere liberamente il tuo “genere” mediante l’abbigliamento per paura di essere preso in giro, minacciato o aggredito?», anziché registrare le effettive minacce o aggressioni subite, oppure «Nel corso dell’ultimo anno, ti è capitato di aver personalmente sentito di essere stato discriminato in-quanto-LGBTIQ?», anziché registrare le discriminazioni concrete. Esattamente lo stesso quadro, cioè, che avevamo già documentato per il sondaggio del 2019.

In particolare il dato riportato in precedenza del “55%” di persone che avrebbero subito “vessazioni motivate dall’odio contro gli LGBTIQ” riguarda la seguente domanda: «Nel corso dell’ultimo anno quante volte ti è capitato che qualcuno ti facesse una delle seguenti cose per il solo motivo che sei LGBTIQ?» (ovviamente anche la valutazione del motivo è lasciata alla convinzione personale di chi risponde), e i maltrattamenti elencati sono: «Farti commenti minacciosi o offensivi come prese in giro o soprannomi»; «Minacciare di farti violenza»; «Farti gesti minacciosi oppure fissarti in modo inappropriato»; «Aspettarti o seguirti in modo minaccioso»; «Mandarti email o messaggini offensivi o minacciosi»; «Postare sui social commenti offensivi o minacciosi su di te». Dato questo ventaglio di “comportamenti d’odio” (chi non ha mai ricevuto qualche presa in giro, uno sguardo apparentemente ostile, un commento poco carino?); e dato che un’ampia fetta del campione è costituita di giovani che fanno ampio uso dei social – molto più che nel 2019 – e che sono addestrati costantemente dalle pagine arcobaleno a percepirsi vittime del mondo, stupisce anzi che l’aumento delle risposte affermative a questa domanda sia stato solo del 17% (n.b.: il survey parla infatti del 54%, cfr. pag. 69, che diventa misteriosamente il 55% sulla pagina di presentazione).

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La “strategia” per imporre l’ideologia arcobaleno.

Non potevano, invece, prendere come “biglietto da visita” le uniche domande del questionario rivolte specificamente a “atti di violenza” fisica o sessuale subiti nel corso dell’ultimo anno (ovviamente da prendere sempre sul giurin giurella dei rispondenti, senza verifiche) perché la percentuale rilevata è identica tra i due sondaggi (il 5%, cfr. pag. 16) e ciò non avrebbe trasmesso al pubblico il senso dell’aumento del pericolo e dell’odio dilagante da contrastare urgentemente. Men che meno il dato sulla percentuale di soggetti che si sono sentiti “discriminati” in quanto arcobaleno, che è scesa dal 42% del 2019 al 36% del 2023. Ebbene, questa è la base su cui l’UE vuole spingere giù per le gole di tutti i cittadini europei la sua “Strategia 2026-2030”. Il lettore può leggerla autonomamente e comunque può facilmente immaginarsi a grandi linee gli interventi che vengono prospettati lungo le tre direttrici “Protect” (proteggere), “Empower” (rafforzare), “Engage” (impegnarsi), tra cui: implementare norme censorie contro «i discorsi d’odio e la disinformazione anti-gender» (p. 8), spingere l’“accesso paritario” delle persone trans nello sport (leggi: nelle categorie di gare riservate al sesso opposto, p. 11), rendere il riconoscimento dei “modelli di famiglie arcobaleno” obbligatorio per tutti gli Stati membri (p. 14) ecc. Per ragioni di spazio ci limiteremo a quattro sottolineature.

La prima riguarda il fatto che il primo punto messo a programma (pag. 5) è la lotta contro le “pratiche o terapie di conversione”, formula che ormai i nostri lettori hanno imparato a conoscere: dietro l’orrifico spauracchio dei genitori e preti cattivi che vogliono “guarire” i figli dall’omosessualità con la forza o con medicine e esorcismi, nasconde l’intenzione di creare una norma che impedisca ogni trattamento della “condizione transgender” diverso da quello “affermativo”, anche nei minori (su questo, si veda anche la nostra adesione al Memorandum sul Ruolo della pubertà nello sviluppo). La seconda è che nei prossimi anni una maggiore fetta dei nostri soldi è stata allocata alle associazioni arcobaleno per favorire queste cause (ovviamente senza averci coinvolti in un processo democratico di decisione): «La Commissione raddoppia il proprio impegno a supporto delle organizzazioni e dell’attivismo LGBTIQ+ dal basso, in un contesto dove il sostegno economico alle associazioni è invece generalmente sottoposto a tagli. La Commissione tramite il programma AgoraEU ha infatti pianificato di allocare 3,6 miliardi di euro a questo settore, più che raddoppiando il budget dedicato attualmente» (p. 17). La terza è che per forzare gli Stati membri a conformarsi ai diktat arcobaleno si usa, tra le altre, la solita strategia del negare i fondi a chi non obbedisce: «La Commissione si assicurerà che i fondi europei siano distribuiti secondo giustizia, monitorando che siano somministrati solo a chi soddisfa i requisiti dell’effettiva implementazione e applicazione della Carta dei Diritti Fondamentali. Sarà anche imposto, sotto il nuovo regolamento finanziario UE, che pratiche di incitamento alla discriminazione, all’odio o alla violenza siano motivi di esclusione dai fondi europei» (p. 17), e ovviamente non essere d’accordo con le grottesche pretese arcobaleno è considerato automaticamente incitamento all’odio e alla discriminazione, come sentiamo dire ogni volta che questi qua aprono bocca.

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L’autodeterminazione di genere a qualsiasi età.

La quarta sottolineatura, la più agghiacciante, è che la Commissione esplicita nero su bianco l’intenzione di «sostenere lo sviluppo di procedure di riconoscimento legale del genere basate sull’autodeterminazione e prive di limiti minimi di età» (p. 15): quindi se tua figlia di dodici anni, magari istruita dal gruppo di amichett* queer e furry o dalle pagine social che segue, vuole iniziare la transizione di genere come trans non binaria, potrà far cambiare il proprio “genere” ovunque sia legalmente rilevante – e se tu, genitore o psicologo, vorrai cercare di dissuaderla o farle prendere tempo, passerai dei guai perché sarebbe una atroce, crudele “pratica di conversione” (vedi supra). Per finire, l’UE elenca nel documento tutte le agenzie, uffici, gruppi, commissioni, piattaforme dedicate alla “minoranza oppressa” arcobaleno (in aggiunta quindi a tutto il lavoro pro-arcobaleno svolto dalla Commissione, dalla FRA etc.) tra cui: il gruppo intraparlamentare dedicato all’implementazione della “Strategia 2026-2030”; l’ufficio “Diversity and Inclusion” della Commissione; il Comitato di Esperti sull’Orientamento Sessuale e l’Identità ed Espressione di Genere e la Rete governativa europea “LGBTI Focal Points” del Consiglio d’Europa; l’Istituto Europeo per la Gender Equality (EIGE); la task force di Eurostat specificamente dedicata alle statistiche sull’uguaglianza e la non-discriminazione; il programma CERV “Citizens, Equality, Rights, Values” dedicato a sostenere e finanziare le associazioni “dal basso”.

E ancora: il “LGBTIQ Equality Subgroup”, commissione di esperti dedicata a monitorare il progresso de “idiritti” arcobaleno negli Stati membri; la Commissione di Alto Livello per la lotta contro i “discorsi e crimini d’odio”; il programma di finanziamento “Horizon Europe” per la ricerca volta a contrastare la “disinformazione, la violenza basata sul genere, i discorsi e crimini d’odio”; l’iniziativa “New European Bauhaus” che promuove i principi di “sostenibilità e inclusione” nell’architettura e nell’urbanistica; il Progetto “Healt4LGBTI” per le esigenze sanitarie specifiche delle persone abcdefghi+; il premio #BeActive Sports Awards per la promozione della “diversità e inclusione” nello sport; il network di coordinamento europeo sulla “Lotta ai discorsi d’odio nello sport”; quello per promuovere la “Diversità nei trasporti pubblici”; la “Rete europea di giuristi esperti in uguaglianza di genere e non-discriminazione”, che è incaricata di occuparsi anche del progresso de “idiritti LGBTIQ” nelle normative europee; la “Piattaforma europea per gli Statuti sulla diversità” che facilita gli scambi di buone pratiche di inclusività e non discriminazione ad es. nel mondo del lavoro; il premio per le città “Capitali europee di diversità e inclusione”; e diversi altri dedicati più genericamente ai “diritti umani”. Ciascuno con i propri funzionari e consulenti, i propri emolumenti, le proprie voci di bilancio… Non male come oppressione sistemica e strutturale, eh?



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