Il terrorismo da tempo sembrerebbe entrato a far parte integrante dell’armamentario femminista. Nel decennio precedente la Prima Guerra Mondiale, le femministe terrorizzarono il Regno Unito con un’ondata di attacchi a chiese e negozi, tra cui attentati, incendi dolosi e violenza fisica. Nel 1912, le suffragette tentarono di assassinare il Primo Ministro Herbert Asquith lanciandogli un’ascia. La suffragetta Emmeline Pankhurst giustificò questi atti terroristici sostenendo che, in un momento di ingiustizia, era giustificabile far esplodere bombe. A seguito della maldestra campagna delle suffragette, almeno cinque persone morirono e decine rimasero gravemente ferite. In Germania, la storica Elizabeth Heineman ha scritto un intero libro sul femminismo e il terrorismo, evidenziando le attività terroristiche condotte dalle femministe Ulrike Meinhof e Gudrun Ensslin nella famigerata Rotes Armee Fraktion (Frazione dell’Armata Rossa) durante gli anni ’70 e ’80. Oggi, le femministe negli Stati Uniti e in America Latina sono sempre più coinvolte in attacchi estremisti e violenti contro proprietà e persone.
Negli Stati Uniti, ad esempio, in seguito alla fuga di notizie dell’imminente sentenza “Dobbs contro Jackson” da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti, è stato documentato un drammatico aumento di attacchi violenti contro chiese, cliniche e organizzazioni pro-life. Solo nel 2023, sono stati identificati 436 atti di violenza, tra cui attentati incendiari, profanazioni di oggetti religiosi e vandalismi di edifici. Nel New Jersey, sette studenti delle scuole superiori sono stati sospesi dopo aver aggredito la sedicenne Nichole Pagano perché teneva in mano un cartello pro-life. Successivamente l’FBI ha aperto delle indagini su molti di questi incidenti definendoli “potenziali atti di estremismo violento interno”.

Il terrorismo nel DNA femminista.
In America Latina, poi, la Giornata internazionale della donna è diventata un punto di riferimento per le femministe pro-aborto, impegnate in attività illegali come vandalismi contro le chiese, graffiti e aggressioni contro i passanti. In molti casi, i civili formano uno scudo umano per proteggere le chiese dagli attacchi. Durante l’ultima manifestazione per la Giornata della Donna, l’8 marzo a Città del Messico, femministe armate di martelli e bastoni hanno attaccato il Palazzo Nazionale, ferendo 81 agenti di polizia e civili. La fotografia qui sopra ritrae quattro donne che trasportano una lastra di metallo come ariete contro le difese della polizia. A Morelos, le femministe hanno cercato di rimuovere con la violenza la recinzione di fronte alla cattedrale di Cuernavaca. A Oaxaca, hanno tentato di incendiare il portone d’ingresso della chiesa. Tuttavia, come detto, non si tratta di un fenomeno dell’oggi. Un rapporto rivela la portata dell’estremismo femminista negli anni precedenti: «Manifestazioni sempre più violente in Messico, Cile, Colombia, Argentina, così come in diversi paesi occidentali, ad esempio quelle organizzate per celebrare la Giornata mondiale della donna (8 marzo) dell’ONU, hanno visto edifici religiosi e fedeli attaccati. Le persone sono state lasciate senza aiuto dalla polizia e da altri servizi di emergenza mentre cercavano di difendere le loro chiese, templi e altri edifici religiosi, correndo un grande rischio personale».
L’analista di World Watch Research Rossana Ramirez ammette: «È particolarmente preoccupante che il grado di violenza e aggressione verso chiese e statue religiose aumenti di intensità ogni anno». Altrettanto preoccupante è la tendenza dei resoconti mediatici a minimizzare la gravità degli attacchi femministi. Di conseguenza, le conseguenze legali per i responsabili sono state scarse. Tutte degne figlie della femminista inglese Emmeline Pankhurst, che si vantò una volta dell’incapacità delle autorità di trattenerla in prigione: «Quattro volte mi hanno riportata indietro; quattro volte ho sfondato la porta della prigione». Aggressioni fisiche a persone, attentati, incendi dolosi e altro ancora. Sorprendentemente, non si conosce alcuna organizzazione femminista che abbia mai condannato o chiesto la cessazione delle tattiche terroristiche. In Italia solo molto raramente si è arrivati a eccessi del genere. Al di là di qualche danneggiamento (di cui fanno le spese in genere le sedi di “Pro-Vita e Famiglia”) o della deturpazione di qualche muro o monumento non si è mai andati, probabilmente perché il femminismo nostrano sa che la tolleranza pubblica nei suoi confronti è da noi ben più limitata che altrove, grazie anche ai tanti osservatori e gruppi di opinione antifemministi che ne riescono a contenere efficacemente il dilagare incontrollato.