In Italia, il sistema giudiziario e mediatico spesso si piega a una narrazione unilaterale in cui gli uomini sono automaticamente giudicati colpevoli di violenze di genere, essendo loro (e solo loro) intrinsecamente violenti, senza che si tenga conto delle frequenti e devastanti false accuse che contro di essi vengono avanzate da molte donne. I casi di assoluzioni con formula piena si moltiplicano, come quello di un uomo accusato di maltrattamenti dalla moglie, poi scagionato perché lei stessa ha ammesso che si trattava solo di normali litigi (fonte). Oppure come l’uomo di Tivoli, luogo notoriamente ostile al genere maschile, accusato ingiustamente di violenza sessuale, che ha passato due anni agli arresti domiciliari prima di essere assolto in modo clamoroso (fonte). Questi esempi non sono eccezioni, ma la punta di un iceberg troppo spesso ignorato dal dibattito pubblico.
La narrazione dominante demonizza ogni uomo con un’accusa anche vaga, senza concedere il beneficio del dubbio o di quella presunzione d’innocenza che sarebbe prevista nel nostro ordinamento, mentre le donne, anche quando i fatti si rivelano immaginari o orchestrati a tavolino, restano immuni da ogni critica. Eppure, le conseguenze per gli uomini sono devastanti: anni di processi, misure cautelari, sospensioni dal lavoro, gogna mediatica e perdita della propria reputazione e dignità, a volte irreparabile. Scavando appena nel profondo dello slogan “sorella io ti credo” si potrebbero trovare i materiali per descrivere l’inverosimile situazione in cui un uomo deve subire il braccialetto elettronico, gli arresti domiciliari e tante altre misure repressive per accuse di violenza che si rivelano palesemente false (fonte). Ma la beffa più grande risiede nel fatto che queste denunce infondate rimangono impunemente nei registri ufficiali, gonfiando le statistiche a favore di una visione distorta della violenza di genere, senza alcun riscontro nei fatti.
Le false accuse nascono quando la giustizia si piega all’emotività
Analizzando i singoli episodi emerge un quadro inquietante: uomini accusati senza prove e assolti dopo lunghi calvari giudiziari, come il radiologo accusato ingiustamente da più pazienti (fonte); il professionista 80enne archiviato per molestie inesistenti in uno scenario surreale (fonte); o il caso della donna che, pur avendo accoltellato il marito ferendolo gravemente, ha finto di essere lei la vittima e dopo l’arresto è tornata libera (fonte). Per non parlare del costo personale ed economico che hanno dovuto sopportare uomini accusati ingiustamente di stalking o di violazioni mai avvenute, con misure cautelari e danni irreversibili alla carriera e alla vita privata (fonte, fonte). Nel frattempo, i fondi pubblici continuano a fluire senza soluzione di continuità verso gli immancabili centri antiviolenza dedicati esclusivamente alle donne e con la missione unica di combattere la “violenza maschile sulle donne”, mentre gli uomini vittime di violenza o perseguitati, che pure esistono in misura più che significativa, spesso non trovano nessun sostegno. È un sistema che premia la narrazione di parte e regala impunità alle menzogne, schiacciando la vera giustizia.
La verità nascosta dietro le false accuse merita uno spazio migliore nel dibattito pubblico, insieme a una considerazione onesta e sincera, dal lato sia culturale che giuridico, dell’impatto che l’irruzione dell’emotività ha avuto nell’ambito delle leggi e delle procedure giudiziarie, secondo quel modello vittimocentrico denunciato da molti giuristi come una delle ferite più gravi inferte al nostro sistema. Chiunque voglia approfondire questa emergenza sociale, ancora troppo sottovalutata e ignorata, troverà dati, molte altre testimonianze e riflessioni dettagliate nel nostro sito. Non lasciamo che si continui a costruire una narrazione a senso unico che criminalizza gli uomini senza prove e senza possibilità di difendersi. Esplorate gli altri articoli per scoprire come il sistema continua a fallire nel riconoscere i diritti maschili e a perpetuare un’ingiustizia sociale senza precedenti.