Chi ci segue anche sui nostri canali social, oltre che su questo sito, avrà notato che abbiamo iniziato a pubblicare contenuti multimediali nuovi. Vorremmo però porre qui l’accento su una serie di podcast che abbiamo caricato sia su Youtube che sul canale podcast di Spotify intitolata “L’anello di troppo”, che ha l’obiettivo di analizzare e mettere in discussione alcuni tra i più importanti capisaldi dell’ideologia femminista utilizzando le scoperte e i concetti sviluppati dalle scienze evoluzioniste. Negli ultimi quarant’anni queste discipline, incrociandosi e collaborando, sono riuscite a mettere alcuni importanti punti fermi nello studio del cervello, della coscienza e dei comportamenti umani. Studiandole in modo approfondito, ci siamo accorti di come le relative scoperte mettano radicalmente discussione molte convinzioni diffuse, molti memi, ossia concetti fissati e diffusi in quella cultura generale di cui il femminismo fa parte.
Qualche esempio: è vero che la violenza è una peculiarità soltanto maschile? Esiste davvero quella cosa chiamata “cultura dello stupro” attribuita all’intero genere maschile? Davvero gli stereotipi sono il male assoluto perché rendono diversi due soggetti, l’uomo e la donna, che di per sé sono perfettamente uguali? E che dire di quella cosa orribile e tossica che è la famiglia, specie quando caratterizzata dalla realizzazione genitoriale? Per non parlare dell’arbitrarietà del concetto di bellezza, che così tanto contribuisce all’oggettificazione e sessualizzazione del genere femminile! Questi sono alcuni temi che affrontiamo nei nostri podcast, tutti tratti da un gran numero di testi scientifici letti e studiati e, per correttezza, sempre citati nella descrizione dei video, giusto per garantire che non stiamo esponendo nostre fantasie estemporanee, bensì gli esiti di ricerche ampie e autorevoli.

Ripulire il campo.
Ogni puntata della serie dura circa 15 minuti e le otto puntate complessive mirano a spiegare nel modo più semplice possibile a quali conclusioni sono arrivati gli sforzi congiunti di neuroscienziati, psicologi evoluzionisti, biologi, sociologi relativamente alla più profonda natura umana, per poi confrontare tali conclusioni con gli slogan, i concetti e la comunicazione più tipici del femminismo contemporaneo. Il risultato dell’operazione è scontato: non c’è nulla di vero o genuino nel discorso pubblico delle femministe e tutto tende a disporsi in un’ottica contronaturale, come tale nociva tanto agli individui, a prescindere dal sesso, quanto ai gruppi sociali o all’intera società. Per questo la serie è stata intitolata “L’anello di troppo”.
Nel dibattito sull’evoluzione umana, per lungo tempo si è parlato di “anello mancante”, ovvero, semplificando, la prova provata che siamo l’esito di un processo che dai primati l’umanità è giunta ad essere ciò che è, come teorizzato e dimostrato da Charles Darwin a metà ‘800. Oggi quel concetto ha perso ogni significato: l’evoluzione darwiniana dell’umanità è ritenuta cosa provata in modo incontrovertibile e rappresenta un campo di ricerca capace di far comprendere aspetti stupefacenti della natura umana e della sua evoluzione naturale e culturale. All’interno della quale riteniamo di aver individuato per l’appunto un anello di troppo, un inserto ideologico che invece di favorire l’adattamento di individui e gruppi al contesto e all’ambiente, lo ostacolano inquinandolo e avvelenandolo. Quell’anello di troppo è il femminismo con la sua ideologia distruttiva perché falsa e ingannevole. Le scienze evoluzionistiche possono aiutarci a capire perché è tale e come eventualmente provare a rimuoverlo in modo definitivo, ripulendo così il campo delle relazioni tra uomini e donne.