Da sempre la narrazione pubblica insiste nel dipingere l’uomo come unico protagonista negativo della cronaca di violenza, relegando le donne a vittime pure ed eterne. Eppure i fatti della scorsa settimana smentiscono in modo clamoroso questa fiaba. Dal nord al sud Italia le protagoniste dei titoli sono madri, fidanzate, vicine di casa, persino “giustiziere dei tradimenti virtuali” in cerca non di giustizia ma di vendetta. L’attualità delle cronache non lascia spazio a interpretazioni: si va da donne che, armate di bottiglia, coltellino tascabile e lanciafiamme fai-da-te, seminano il panico tra intere famiglie fino a chi, spinta dal sacro fuoco femminista, si erge a paladina incaricata di punire non chi l’ha ferita, ma qualunque uomo capiti a tiro nel nome di una sedicente missione morale. E quando a essere colpito è il partner, il figlio o addirittura un sacerdote, l’eco mediatica si trasforma in silenzio complice.
La lista delle imprese del gentilsesso è lunga e impressionante. Tra queste spicca la trionfale parabola della cosiddetta “giustiziera dei tradimenti virtuali”, una donna di 55 anni che ha fatto della persecuzione online e del revenge porn una crociata personale contro tutti gli uomini rei, a suo dire, di semplici sgarbi amorosi. Non parliamo di uno slancio di rabbia, ma di un’ossessione sostenuta da una cieca adesione all’ideologia della sorellanza: chi difende il maschio va punito, commettere reati contro l’uomo diventa dovere “sacro”. Fortunatamente un tribunale ha ricordato che la legge vale per tutti (qui i particolari).

La violenza invisibile: quando la vittima è lui
E mentre ovunque si raccontano fiabe sull’innata bontà del gentil sesso, perfino la cronaca giudiziaria ci ricorda quanto sia solida la realtà. Accoltellamenti di compagni durante una lite (coltellate e tentato omicidio), persecuzioni e molestie a preti che finiscono quasi accoltellati dopo anni di stalking (qui i dettagli), vicini di casa aggrediti con violenza e scene da film d’azione (leggi qui). Eppure, sempre e solo si parla di violenza maschile sulle donne – parola d’ordine non solo dei media, ma perfino delle istituzioni. Le azioni femminili divengono piccoli errori, mentre se l’autore fosse stato un uomo si griderebbe al femminicidio, agli orchi, al patriarcato. Non meno grottesca la situazione nel diritto di famiglia, dove la dittatura matriarcale si declina in azioni concrete: figli sottratti ai padri con la complicità di tribunali che accettano senza troppe domande le fughe oltreconfine di madri “preoccupate”. Non importa se il padre non ha mai avuto pendenze né accuse, basta la parola della madre per cancellare diritti, affetti e il ruolo genitoriale dell’uomo (vedi esempio).
E non finisce qui: tentativi di pugnali alla gola dei mariti derubricati a semplici “minacce” (il caso), campagne coordinate di screditamento per ottenere l’affido esclusivo dei figli (come qui), donne condannate per stalking, botte e aggressioni ai propri ex (linkati nei vari casi settimanali, anche in cronaca su stalking e botte e secchiate di candeggina). Il teatrino del “la violenza è sempre maschile”, promosso da media e associazioni, nega l’esistenza di un fenomeno conclamato, sistematico, addirittura istituzionalizzato di violenza femminile che colpisce uomini, padri, famiglie intere e persino la credibilità delle vittime. Un mondo reale che sembra sconosciuto perfino a chi fa le leggi. Per chi vuole approfondire statistiche e dati fuori dall’ideologia, l’invito è a esplorare non solo altri articoli su La Fionda ma anche l’Osservatorio Statistico e il nostro chatbot che, come la realtà, non fa sconti a nessuno.