Secondo recenti rilevazioni, in paesi come Stati Uniti, Regno Unito, Canada e Francia, il numero di uomini oltre i vent’anni che non studiano, non lavorano e non cercano un impiego è in costante aumento. Qualche decennio fa questo fenomeno era più frequente tra le giovani donne, che in gran parte optavano per il lavoro domestico, con ciò conformandosi a una definizione tradizionale dei ruoli. Ora però la situazione appare capovolta, con un elemento critico in più: molti di questi uomini non vengono assorbiti in ambiti produttivi alternativi, ma semplicemente stanno fuori da tutto, completamente alienati dai sistemi che dovrebbero prepararli e impiegarli. Si dirà che si tratta di una generazione impigrita, viziata, incapace di maturare ambizioni, tuttavia è più probabile che si tratti del risultato di decenni di trasformazione socio-economica.
Per molto tempo, i giovani, soprattutto quelli che non optavano per percorsi di studio avanzati, hanno avuto opportunità diverse per trovare una propria stabilità: nelle fabbriche, nell’edilizia o in altri settori operai, uno sbocco che permettesse loro di costruirsi una vita rimaneva possibile. Si tratta di percorsi che però oggi sono stati smantellati dall’outsourcing o dall’automazione. Molti sono gli scettici su questo aspetto, convinti come sono che l’uomo, con la sua forza e resistenza fisica, per certe attività rimarrà insostituibile. Costoro tuttavia non fanno i conti con il fatto che, ad esempio, la società olandese “Monumental” sta già sperimentando nel Regno Unito dei “muratori-robot”, destinati a sostituire il personale umano (vedi video sottostante), o con il fatto che l’ordine pubblico in Cina è sempre più in mano a robot gestiti da un’intelligenza artificiale.
Video-promo della società olandese “Monumental”.
Vite alternative e inutili.
Allo sviluppo tecnico su un livello che solo sessant’anni fa era mera fantascienza (“2001 Odissea nello spazio”, con il suo computer che prende vita autonoma, è del 1968), si connette la transizione verso un’economia basata sui servizi, per sua natura premiante della fluidità sociale, delle credenziali e dell’intelligenza emotiva. Proprio quei tratti che l’attuale sistema educativo occidentale tende a riconoscere e coltivare nelle donne. In questo scenario, molti giovani uomini perdono l’impulso all’adattamento, sostituito dall’impulso ad abbandonare semplicemente il gioco. Il distacco però non è soltanto socio-economico, ma anche culturale. Molti giovani o si sentono alienati dalle istituzioni che un tempo erano un riferimento, come scuole, parrocchie, datori di lavoro e persino programmi governativi, o non ne percepiscono proprio la presenza e l’autorevolezza. Ma, di nuovo, non è un loro difetto percettivo determinato dalla pigrizia o dall’essere viziati: in parte sono quelle stesse “agenzie” ad essersi gradualmente chiamate fuori dal loro ruolo, in parte questo sentimento è alimentato dalla sensazione che il sistema in generale non sia più pensato per loro.
D’altra parte, cosa possono mai pensare di un sistema che li tratta sistemicamente con sospetto anziché con sostegno? In questo scenario di impoverimento generale, internet e i social network sono diventati un rifugio: videogiochi, YouTube, forum online, luoghi in cui rifugiarsi, sentirsi competenti e costruire la propria identità, anche se si tratta di piattaforme molto spesso gestite da algoritmi che premiano il comportamento tossico e inquinante, e soprattutto anche se nulla di ciò che si fa online si traduce mai in risultati tangibili o spendibili nella vita reale. Nonostante ciò, la “biosfera digitale” da tempo per costoro non è più solo fonte di distrazioni temporanee, ma ambiente per una vita alternativa a tempo pieno.
Separati oltre l’umano?
Nel frattempo, le donne hanno fatto giustamente grandi progressi nell’istruzione e nel successo iniziale nella carriera. Ciò è accaduto perché istituzioni e media, e di conseguenza le società, durante gli ultimi decenni hanno investito molto nell’aiutare le ragazze ad avere successo, togliendo risorse e occasioni di sostegno per aiutare i ragazzi ad adattarsi a questa nuova “era delle donne”. Qui sta anche la ragione per cui un numero crescente di giovani uomini si ritrova alla deriva. E non si parla soltanto di assenza di occupazione (che pure è un vulnus terribile vista la millenaria associazione tra maschilità e lavoro), ma anche di assenza di legami e motivazione. Si parla di giovani uomini come navi alla deriva senza più alcuna possibilità di trovare un ormeggio.
Questo è l’oggi, correttamente fotografato da rilevazioni statistiche ufficiali. E il domani? Qualcuno si pone l’interrogativo di cosa possa comportare il totale annullamento di un genere nell’evoluzione di una società? Sembra di no. Eppure quando grandi gruppi di giovani uomini perdono il loro posto nella società, c’è il rischio concreto che si creino effetti a catena: nella formazione della famiglia, nella stabilità della comunità, in politica e nella coesione nazionale. Questi giovani non perdono solo l’occasione di avere uno stipendio, ma anche il senso della vita. E se questo continua, le conseguenze si estenderanno ben oltre il mercato del lavoro. Sarà qualcosa che impatterà le famiglie, la democrazia e persino la stabilità culturale. La società semplicemente non può permettersi di lasciare così tanti giovani uomini indietro su tutto e sempre più distaccati, com’è successo in qualche esperimento estero terribilmente fallimentare, dai loro interlocutori privilegiati, ossia le donne. Soprattutto ora che la tecnica sembra pronta a far fare al mondo un vero salto quantico oltre l’umano.
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