Le donne possono essere carnefici? No. Nel teatrino quotidiano della narrazione dominante, la violenza è caratteristica intrinseca solo dell’uomo: ce lo ripetono ovunque, ossessivamente, come se la realtà fosse un optional da ignorare. Ma basta gettare uno sguardo ai fatti di cronaca della settimana scorsa per vedere sfaldarsi questo dogma costruito ad arte. Un’Italia in cui il cosiddetto “gentil sesso”, coccolato dai media e dalla retorica mainstream, si esibisce in comportamenti tutt’altro che gentili contro i più vulnerabili, in particolare verso i minori, che in più subiscono mentre silenzi e impunità calano sulle azioni delle carnefici.
Gli esempi non mancano, ma il caso di una 42enne del crotonese condannata a otto anni di carcere per abusi e continue vessazioni sui figli minori è soltanto la punta dell’iceberg di un fenomeno volutamente occultato. Chi ancora si illude che i bambini nelle mani materne siano sempre al sicuro, farebbe bene a rileggere questa notizia, riflettendo su chi oggi davvero protegge o maltratta i più piccoli. Ma il teatro dell’assurdo non si ferma qui, perché la retorica martellante ci ripete che la violenza domestica è sempre e solo appannaggio maschile, mentre in silenzio si lasciano scorrere pagine di cronaca che raccontano ben altro su chi siano anche le carnefici.
La realtà distorta: vittime ignorate e carnefici invisibili
Nei giorni scorsi, tre maestre sono finite sotto accusa a Palermo per maltrattamenti ripetuti su un bambino disabile: schiaffi, trascinamenti, lividi come metodi educativi, il tutto documentato puntualmente dalle telecamere. Nessuna indignazione pubblica, nessun corteo, nessuna retorica urlata: se le carnefici sono donne, specialmente in un ruolo educativo, tutto viene liquidato come “incompetenza”, senza la minima eco mediatica. Se la cronaca ci parla invece di una madre straniera, che in Italia avrebbe trovato riparo da un uomo violento, impegnata a infliggere cinghiate ai figli, le giustificazioni si sprecano: certo, sarà la cultura d’origine oppure la sofferenza del passato. Il mantra rimane quello: le donne sono vittime per definizione, non possono essere carnefici e, se malauguratamente scoperte ad agire violenza, si cerca subito una buona scusa.
Non dobbiamo stupirci poi se, a Padova, una baby gang femminile composta da due sedicenni riesce a terrorizzare coetanee, anziani e disabili nella completa indifferenza della piazza pubblica. Si tratta di comportamenti sistematici, non di episodi isolati: intimidazione, minaccia e aggressione in piena regola, dove la “forte personalità antisociale” delle giovanissime carnefici diventa oggetto di analisi psicologiche più che di condanna morale. E quando una madre, durante una separazione, arriva a impedire che i figli possano semplicemente pranzare con la famiglia paterna o si rende protagonista di maltrattamenti e sequestro di persona ai danni dei figli, il copione si ripete: la maternità viene considerata un lasciapassare per qualsiasi abuso, benedetta da una magistratura e da una società che continuano a considerare i bambini come proprietà esclusiva della madre. La vera emergenza resta taciuta: anziani, minori e disabili vittime di violenza femminile sono invisibili per scelta. La realtà, questa sconosciuta, chiede a gran voce di essere ascoltata. Per saperne di più e scoprire i dati nascosti dalla narrazione a senso unico, vi invitiamo a consultare altri articoli su La Fionda e a esplorare i numeri dell’Osservatorio Statistico: l’unico antidoto contro i miti confezionati ad arte.