«Vai dalle donne? Non dimenticare la frusta!». Ecco una delle più celebre citazioni di Nietzsche (in Così parlò Zarathustra), che potete trovare immancabilmente in qualsiasi elenco in rete di citazioni misogine storiche di uomini illustri (ad es. qui o qui). «Da Senofonte ad Aristotele, da Cicerone a Seneca, per non parlare dei filosofi cristiani, ma anche i più moderni Kant, Schopenhauer, Hegel, Nietzsche…a sbarrare la strada al pensiero filosofico delle donne ci si sono messi intenzionalmente molti celebri uomini, fortemente convinti che il cervello alle donne non servisse poi a molto», scrive il giornale la Repubblica. La Storia della filosofia, secondo la nuova lettura femminista, è segnata da un lungo elenco di filosofi contraddistinti dalla loro misoginia. Tra questi, Nietzsche occupa sempre una posizione preminente. Il pensiero nietzschiano verso la donna è stato interpretato, dalla nuova lettura femminista, come maschilista, misogino, patriarcale, antagonista del femminismo. In passato è stato già trattato il pensiero “misogino” di altri filosofi (Aristotele, Tommaso d’Aquino), cosa hanno detto sulle donne e come questo pensiero sia stato spesso “frainteso”. Nei prossimi interventi vorrei parlare del “misogino” Nietzsche.
In somma sintesi, la diagnosi del filosofo tedesco Schopenhauer sul valore della vita (dolore, lotta, distruzione) è il presupposto dal quale parte l’opera di Nietzsche. Di fronte a questa realtà, secondo il filosofo, due atteggiamenti sono possibili: la rinuncia, la fuga, l’ascetismo, come suggerisce Schopenhauer, o l’accettazione della vita. Per poter accettare la vita così com’è, è necessario “rovesciare” i valori attuali e cristiani. La “voce della coscienza”, di cui procederebbe la morale, sarebbe in realtà “la voce di alcuni uomini nell’uomo” (la morale degli schiavi). La morale degli schiavi dovrebbe essere sostituita dalla morale dei signori. Storicamente la morale degli schiavi sarebbe rappresentata soprattutto dagli ebrei, dall’odio più abissale: l’odio dell’impotenza. Gli impotenti, i poveri, gli umili, i sofferenti, gli indigenti, gli infermi, i deformi hanno rovesciato i valori (forte, potente, bello) e sono diventati gli unici buoni e devoti. In tal modo la Giudea, umiliata dai romani, capovolge i valori del mondo antico e conquista Roma stessa tramite il cristianesimo, ossia mediante una religione che è il frutto di un risentimento dell’uomo debole verso la vita. Il cristianesimo sarebbe nient’altro che “platonismo per il popolo”. In questo dualismo tra la morale degli schiavi e la morale dei signori si inserisce la questione di genere. Seppur tutta l’umanità è vittima della morale degli schiavi, per Nietzsche la natura femminile, più di quella maschile, è caratterizzata dalla debolezza, sottoposta di conseguenza e necessariamente alla soggezione dell’uomo.

Nietzsche ce l’aveva solo con le donne?
Esclama Zarathustra: «Ma gli pseudo-saggi, tutti i preti, gli stanchi del mondo e coloro che hanno anima femminea e servile — oh, quanti brutti tiri ha da sempre giocato il loro gioco all’egoismo!». Tutti gli arrendevoli hanno un «anima femminea». A proposito delle donne: «la donna: una metà dell’umanità è debole, essenzialmente malata, mutevole, incostante — la donna ha bisogno della forza per aggrapparsi ad essa, e una religione della debolezza che glorifichi come stato divino l’esser deboli, l’amare, l’esser umili. O meglio, rende deboli i forti — essa domina se riesce a soggiogare i forti. La donna ha sempre cospirato coi tipi della decadenza, coi preti, contro i potenti, i forti, gli uomini» (in La volontà di potenza). In breve, la donna è debole, s’aggrappa a chi è più forte e lo abbassa al suo livello attraverso la morale e la religione. Solo lo spirito forte e virile, che scarseggia nel mondo, redime l’anima femminea, afferma Zarathustra: «Di virile qui c’è poco: perciò le loro donne si mascolinizzano. Giacché solo chi è abbastanza uomo libererà nella donna la donna». Tutti quei valori “cristiani” (la pietà, l’umiltà, la compassione, l’amore), che il filosofo rifiuta, sono preminenti nelle donne. «Sono le parole più silenziose che portano la tempesta. I pensieri che vengono a passi di colomba guidano il mondo». L’anima femminea guida il mondo. E come dovrebbe essere invece lo spirito forte e virile? «A voi, arditi cercatori e sperimentatori, e a quanti si siano mai imbarcati con vele astute su mari terribili; a voi, ebbri di enigmi e amanti del crepuscolo, la cui anima è attratta dai flauti verso abissi labirintici». Zarathustra stesso spiega come è il suo spirito: «Io sono un viandante e uno scalatore di montagne. Non amo le pianure e sembra che non sappia star fermo a lungo». Lo spirito del rischio, del pericolo, dell’azzardo, dell’avventura.
È evidente che l’opinione che ha Nietzsche sulle donne risente del suo vissuto. Il filosofo perse il padre quando aveva quattro anni e crebbe in un ambiente iperprotettivo di sole donne (la madre, la sorella, la zia e la nonna). Da adulto, la sua vita fu costellata da numerosi rifiuti e delusioni relazionali. In special modo con Lou von Salomé, ragazza alla quale fece, per ben due volte, proposta di matrimonio, e in entrambe i casi ottenne un rifiuto. «Due cose vuole il vero uomo: pericolo e gioco. Perciò vuole la donna», scriveva Nietzsche. Arrendevole di fronte a qualsiasi donna attraente, amava le donne, desiderava le donne, ma ricevette soltanto rifiuti e, quindi, frustrazione. Questa però non dovrebbe in alcun modo giustificare espressioni che invocano l’uso della frusta per la donna. Ora, lo stile di Nietzsche non ha bisogno di presentazioni, è impetuoso, sanguigno, iperbolico, fa uso continuo di metafore, guidato in linea di massima dallo spirito dionisiaco. Sulla base di questo stile del tutto particolare e personale del pensatore, non sempre evidente né comprensibile, come dobbiamo interpretare l’ammonimento nietzschiano di non dimenticare la frusta quando si va dalle donne? Ci sono, a mio avviso, due modi di approcciare il quesito: uno, inserendo la citazione all’interno del discorso, fornendo il contesto che manca, in modo da cercare di svelare e di comprendere il senso figurato e metaforico del messaggio dell’autore (cosa che cercherò di fare nel prossimo intervento); due, concedendo alla citazione un senso letterale, così come viene interpretato dal femminismo e da qualsiasi lettore che si ferma alla semplice citazione. Ammesso e non concesso che questo secondo approccio sia quello corretto, diventa importante determinare in che modo si è espresso il filosofo in altre occasioni, per capire se questo modo sprezzante e violento riguardi in maniera esclusiva le donne.

Cosa Nietzsche dice agli uomini.
Vediamo intanto qual è il rapporto di Zarathustra con la frusta: «Ma voi, stanchi del mondo! Voi, poltroni della terra! A voi bisognerebbe far assaggiare la frusta! A suon di frustate bisognerebbe ridar sveltezza alle vostre gambe. Giacché: se non siete dei malati e degli sciagurati consunti di cui la terra è stanca, siete dei fannulloni scaltri o degli ingordi libidinosi rimpiattati». E ancora: «Ma a questo punto Zarathustra non potè più trattenersi, diè di piglio al bastone e colpì con tutte le forze colui che si lamentava. “Finiscila! – gli gridò con una risata di rabbia –, finiscila, commediante! Falsario! Mentitore matricolato! Io ti conosco bene!” […] “Fermati – disse il vecchio balzando in piedi –, non battermi più, o Zarathustra!”». E ancora: «E Zarathustra si rimise in cammino, meditabondo, addentrandosi nei boschi e costeggiando terreni paludosi; ma, come accade a coloro che riflettono su cose difficili, andò a sbattere alla fine contro qualcuno. E subito gli schizzarono in faccia in una volta un grido di dolore, due bestemmie e una ventina di ingiurie pesanti: sicché egli, per lo spavento, dato di piglio al bastone, bastonò per soprammercato colui che aveva calpestato». E ancora: «“Va’ via, va’ via, perfido adulatore! – gridò Zarathustra con cattiveria –, che stai a corrompermi con tale lode e miele di lusinghe?” “Va’ via, va’ via da me!”, gridò ancora una volta e alzò il bastone sulla testa del delicato mendicante; ma questi se la svignò alla svelta».
L’opinione in genere che Nietzsche ha sugli uomini non è in realtà molto migliore di quella che ha sulle donne: «per quel che si riferisce alla dècadence, ogni uomo che non muore troppo presto, la rappresenta quasi in ogni senso […]; per la metà quasi di ogni vita umana, l’uomo è decadente». Affermazione per nulla lusinghiera, che si trova subito prima di quella sopraccitata che parla delle donne (in La volontà di potenza). In pratica, il testo è così legato: «…l’uomo è decadente. Infine: la donna: una metà dell’umanità è debole…». Misteriosamente, ogni volta che ritrovo la citazione sulla donna in rete, manca il preambolo sull’uomo. Inveisce Zarathustra: «Voi uomini superiori, credete che io sia qui per riparare al vostro malfatto? O che io voglia d’ora in poi preparare un giaciglio più comodo per voi che soffrite? O mostrare a voi che siete malfermi, che vi siete smarriti, che vi siete perduti nella salita passaggi nuovi e più facili verso l’alto? No, no, tre volte no! Sempre di più e sempre i migliori della vostra specie dovranno perire — giacché voi dovrete avere una vita sempre peggiore, sempre più dura […] che importa a me della vostra piccola, molteplice, breve miseria? Per me voi non soffrite ancora abbastanza!». Insomma, peggio è, meglio è; maggiore è la sofferenza, più bella la rinascita. Agli uomini augura di “perire”, queste belle parole riserva Nietzsche agli uomini: «sciagurati consunti di cui la terra è stanca», «fannulloni scaltri o degli ingordi libidinosi rimpiattati», e parole simili sugli uomini si ritrovano senza grosse difficoltà lungo gli scritti del filosofo.

Il misantropo viene fatto passare per misogino.
In conclusione, le citazioni isolate, che ritroviamo nelle lunghe raccolte di citazioni misogine in rete, sono carenti da alcun contesto o chiarimento, allo scopo di seminare nei lettori l’idea di una diffusa misoginia nel mondo. Propaganda. In particolare, la citazione con la quale è iniziato quest’intervento («Vai dalle donne? Non dimenticare la frusta!»), acquisisce tutto un altro valore se paragonata ad altre citazioni simili dello stesso autore. Zarathustra picchia un vecchio, e un mendicante, e uno sconosciuto contro il quale ha sbattuto per caso per strada, e augura di frustare le donne e tutti gli «stanchi del mondo», che risultano essere, secondo il suo standard, la stragrande maggioranza dell’umanità. Picchia, o augura di frustare, tutti, uomini e donne. E inoltre sparla di tutti, uomini e donne. Di fatto, se stiamo alla letteralità dell’opera di Così parlò Zarathustra, lungo tutto il testo non viene mai picchiata una donna, e invece vengono picchiati fisicamente due uomini: un vecchio (sarà forse grave bastonare un vecchio?!, mai sentito lamentarsi nessuna femminista) e una vittima sconosciuta (capitata in uno scontro fortuito). Dovrebbe essere evidente che, se l’autore sparla di tutti e picchia (soltanto uomini) o augura di picchiare tutti, allora non è misogino, come si vuole far credere, caso mai sarà misantropo. Nel prossimo intervento cercherò di dare un senso filosofico e di fornire il contesto che manca a quella citazione buttata lì, isolata, a ignominia del Patriarcato e di tutti gli uomini.