La Fionda

Procreazione Medicalmente Assistita (PMA): perplessità etiche e mediche

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una risposta del Dr. Alberto Virgolino, Presidente AIGOC (Associazione Italiana Ginecologi e Ostetrici Cattolici) a un recente articolo di Alessandra Magret apparso su trendsanita.it.

Tra tutte le Società scientifiche italiane che, dall’inserimento della PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) nei Livelli Essenziali di Assistenza, stanno promuovendo con forza le tecniche di riproduzione assistita extracorporea (FIVET-ICSI), mancava all’appello quella di Andrologia. Tutte dichiarano di perseguire un obiettivo nobile: corrispondere a un’innegabile esigenza sociale, la denatalità. Con entusiasmo, indicano nella PMA il rimedio ormai indispensabile. Addirittura, si propone ai giovani maschi sani – e sottolineo sani, in quanto ci possono essere condizioni di salute che rendono ragionevole questa procedura – la preservazione preventiva del liquido seminale attraverso la crioconservazione (congelamento in azoto liquido a -198°C).

La motivazione? La fertilità maschile declina con l’età e, considerata la tendenza a diventare padri dopo i 35 anni, avere una riserva di spermatozoi “buoni” garantirebbe una maggiore fertilità. Con questa “crioconservazione preventiva”, si sostiene che i maschi verrebbero aiutati “a fare scelte responsabili”. Sempre di più la biotecnologia applicata alla “procreatica” propone rimedi artificiosi, ammantati di scientificità, per sopperire ai gravi squilibri etico-psico-sociali di cui il declino delle nascite è un indiscutibile esito. L’attuale “sistema sociale” condiziona gravemente le naturali aspirazioni delle giovani generazioni a una vita autonoma e feconda, nel rispetto dei loro tempi anagrafici. Tutto sembra congiurare per una sessualità precoce, consumistica e deresponsabilizzata, resa sterile da un pensiero dominante che vede la genitorialità solo come scelta opzionale. Il figlio diventa un mero oggetto del desiderio: se perseguito, è ricercato a ogni costo; se indesiderato, viene rifiutato ed eliminato.

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La PMA come la panacea.

La vita umana perde la sua prerogativa di essere libera fin dal concepimento, frutto di un atto libero. Con la fecondazione extracorporea, la vita diventa predeterminata dalla volontà e dall’azione di terze persone che manipolano gameti ed embrione, provocandone la morte per la stragrande maggioranza. Dall’ultima Relazione del Ministro della Salute (2022): nella FIVET-ICSI omologa l’82,86% degli embrioni trasferiti in utero non giunge alla nascita; nell’eterologa muore il 75,03%. Un’altra grande percentuale di embrioni viene crioconservata (dal 46,1% al 59,4% a seconda delle strutture) per un destino incerto, poiché solo una parte minoritaria viene poi scongelata.

Questa dovrebbe essere la soluzione? A ben vedere, al di là di visioni ideologiche, insistere su questa procedura – che porta anche un grande interesse economico alle strutture, togliendo risorse alla Sanità pubblica – potrebbe sia accrescere la disillusione nelle coppie, sia favorire una mentalità portata a rimandare la responsabilità genitoriale, piuttosto che a promuoverla in modi e tempi naturali, sicuramente più efficaci. Nel 2022, su 78.105 coppie, le gravidanze ottenute sono state 21.695 (27,77%) e i nati vivi solo 15.583 (19,95%).

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Crioconservazione preventiva: a beneficio di chi?

Sorge un’ultima, ragionevole perplessità: questi campioni di sperma da giovani sani sono davvero destinati a risolvere un loro futuro ipotetico problema? O, invece, vanno ad arricchire le “banche del seme” per incrementare il commercio delle donazioni per la FIVET eterologa? Se un uomo che ha crioconservato avrà poi figli naturalmente, i suoi campioni saranno distrutti o lasciati a disposizione dei laboratori?

In tutti i suoi passaggi tecnici – la “crioconservazione preventiva” è l’ultimo esempio – la PMA arriva a trattare le persone come “soggetti da allevamento”. È una vera mortificazione della dignità della persona e della sua vocazione alla genitorialità: una possibilità naturale che la medicina può aiutare, senza diventare pretesa cieca e assoluta, nel rispetto di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito, come recita l’art.1 della legge 40/2004.



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