La Fionda

L’inferno personale di Phil Collins

«L’inferno personale di Phil Collins: depressione, contenziosi eterni con le ex, problemi di deambulazione…». Dal 2016, Phil Collins è entrato in una «spirale depressiva e catastrofica», che l’ha fatto richiudersi su se stesso e ha compromesso la sua salute con problemi di vario tipo – un’infezione virale che quasi gli ha fatto perdere l’udito, un problema cervicale e un problema di mobilità che lo costringe a usare un bastone per camminare. «Il principale motivo sarebbe stato il lungo contenzioso» con la terza ex moglie, Orianne Cevey, dalla quale si era separato nel 2006. All’epoca Collins dovette versare 25 milioni di sterline, la seconda separazione più cara della storia del Regno Unito. Secondo la Cevey, negli ultimi anni Collins usciva poco da casa e soffriva di una profonda depressione. La situazione precaria di salute mentale e fisica di Collins non le ha impedito però di trascinare il cantante in un lungo contenzioso (ancora aperto a novembre 2020, data dell’articolo) sulla quantità di soldi che l’artista doveva versarle. In pratica, secondo la logica della solidarietà post-coniugale e per un qualche misterioso motivo, la sig.ra Cevey deve essere aiutata e sostenuta economicamente – in maniera generosa, aggiungo io. Phil Collins, invece, che soffre di una profonda depressione e ha bisogno di aiuto e di cure per i suoi problemi di salute, agli occhi dei tribunali non deve essere né aiutato né sostenuto, non vanta alcun diritto nei confronti della ex moglie né lei ha alcun obbligo né dovere nei suoi confronti. Per assurdo, possiamo ipotizzare che il lungo contenzioso giudiziario non ha fatto altro che acuire e far sprofondare l’artista nella depressione e nella precarietà fisica. In altre parole, la ex moglie, invece di dare una mano, come suggerirebbe il buon senso e la logica giudiziaria della solidarietà post-coniugale, con le sue “pretese” e i suoi “diritti” in quanto donna, supportata dai tribunali del divorzio, non fa altro che contribuire a scavare ancora più profondamente la fossa di difficoltà e precarietà mentale nella quale è caduto l’ex marito.

Tutti sappiamo, o abbiamo il sospetto, che l’industria del divorzio sia un inferno, una fabbrica di ingiustizia e di sofferenza e, nei casi più estremi, di morte, soprattutto a danno degli uomini. Gli studi confermano tale sospetto, il rischio di suicidio aumenta con il divorzio: «Gli uomini divorziati hanno una probabilità oltre otto volte superiore di suicidarsi rispetto alle donne divorziate». Una verità sgradevole e molto scorretta che raramente viene ricordata dai media, dai tribunali e dalle alte sfere governative. Gli studi che sì vengono pubblicati invece sono quelli che ricordano quanto la “vita coniugale” apporti benessere fisico ed emotivo all’uomo: ora la percentuale di ogni tipo di cancro è due volte più alta negli uomini divorziati rispetto a quelli sposati, ora il rischio di morire di polmonite è sette volte più alto, ora il tasso di morte per ipertensione e ictus è doppio, e così via. Il matrimonio è una benedizione per gli uomini, la presenza di una donna rappresenta un beneficio per la salute e l’equilibrio dell’uomo, chi decide di divorziare rischia un deperimento fisico e/o mentale. Misteriosamente il confronto tra uomini divorziati e celibi è perlopiù latitante, a quanto pare questi tipi di studi non suscitano lo stesso interesse. Eppure gli uomini celibi, a cui non sono stati tolti casa, figli e stipendio, e che non devono mantenere un’ex moglie, non presentano i tassi di malattia né di suicidio dei divorziati. I dati sui celibi sollevano una pesante accusa sulle leggi sul divorzio e sul corporativismo femminista, dunque meglio ignorarli.

Phil Collins
Phil Collins oggi.

Paga sempre lui.

La normativa sul divorzio poggia su due concetti, come abbiamo visto negli interventi precedenti, l’assistenza e le esigenze compensatorie. Idealmente entrambi potrebbero sembrare ragionevoli ma non lo sono. Primo, sono illogici, negano la semplice logica delle intenzioni delle parti di separare e di divorziare, in contrasto con la semantica dei termini, creando dei vincoli talvolta a vita. Secondo, sono inapplicabili, è impossibile valutare compiutamente e in maniera giusta decisioni e anni di vita vissute in intimità e stabilire, di conseguenza, misure compensative. Terzo, sono facile preda di travisamento, servono a giustificare e a creare cortine di fumo di esiti asimmetrici di decisioni giudiziali ingiuste e pregiudiziali (che sistematicamente tutelano le donne e puniscono gli uomini) che violano dei diritti inalienabili (come quello della proprietà, di avere una famiglia e di crescere i figli, di libertà, ecc.). Questa terza obiezione, questa beffa continua a danno degli ex mariti nelle cause di separazione di decisioni che si rivelano a seconda del sesso asimmetriche, è forse la più lacerante. Dov’è scritto che le ex mogli devano essere compensate per anni di lavoro domestico e non siano gli ex mariti a dover essere compensati per anni di lavoro retribuito che serviva a pagare i costi di mantenimento delle ex mogli? Dov’è scritto che «l’esercizio dell’attività domestica si traduce in un arricchimento del componente della coppia che non partecipa ai lavori domestici, in quanto gli consente di beneficiare dello svolgimento di tali attività senza costi né contributi» e non si tratti invece di un impoverimento che si traduce in una perdita di patrimonio che impedisce l’interessato di investire in corsi di aggiornamento per migliorare la carriera o in borsa per arricchirsi?

Dov’è scritto che una relazione matrimoniale arricchisca il marito? Ad esempio, i giudici non hanno mai sentito di noti artisti o sportivi che, una volta conosciuta la loro fiamma e sposati, hanno visto calare le loro prestazioni e quindi anche gli introiti? In che modo queste donne dovrebbero compensare gli ex mariti? Nel caso di Phil Collins, è evidente che il suo patrimonio non è aumentato durante il suo terzo matrimonio, anzi è diminuito. Dunque, perché Phil Collins dovrebbe compensare la Cevey, quando lui ha subito una perdita di patrimonio dal momento che l’ha conosciuta? Per quanto riguarda la solidarietà, dov’è scritto che Collins debba assistere economicamente la ex, e non debba essere lei ad assistere lui nelle sue difficoltà di salute? I giudici sfornano di continuo delle motivazioni frutto di interpretazioni di fantasia della legge, sentenze talvolta assurde e spesso contraddittorie che hanno come unico denominatore comune la tutela della donna e, per converso, la punizione dell’uomo. In ogni ambito. Prendiamo ad esempio l’ambito sessuale, elemento che dovrebbe essere fondamentale nella vita matrimoniale. La Cassazione in Italia: il «marito non ha diritto all’amplesso». «Un matrimonio durato pochi giorni può bastare per far sorgere il diritto al mantenimento e ciò anche se il matrimonio non è stato consumato», ha stabilito la Cassazione in un’altra occasione. Fin da subito, la moglie si era sottratta ai rapporti fisici con il marito, matrimonio durato una settimana. «Anche dopo 12 anni di matrimonio non consumato l’ex marito deve pagare l’assegno».

Anche quando lei tradisce.

Per l’uomo la situazione è completamente rovesciata. In Italia per la Corte di Cassazione il marito che rifiuta di fare sesso per anni con la moglie è colpevole due volte: non solo del crac matrimoniale ma anche per aver leso la “dignità” della consorte in quanto “donna” e come “moglie”. In un’altra occasione, sempre la Cassazione sentenzia che il marito è colpevole di aver fatto mancare le “coccole” alla moglie incinta. In Francia invece la Corte dà ragione alla moglie «lesa da sofferenza prolungate causate da un matrimonio asessuato». Il marito non l’ha né tradita né ingannata, ma deve concederle il divorzio e risarcirla con una somma non da poco perché nel corso degli anni ha disonorato gli obblighi sessuali contratti con il matrimonio. Per le donne il sesso matrimoniale è un diritto, in Italia 30 mila euro alla moglie risarcita «per il danno sessuale» dovuto alla paralisi del marito  causata da una diagnosi arrivata in ritardo e che ha creato il danno.  «Lesione del diritto alla sessualità» e risarcimento per la moglie che non è stata informata, prima del matrimonio, dell’impotenza del marito. In Spagna, la rivista di programmazione di TV Vale, già nel lontano 1980 (14 gennaio, n. 23, fotografia in mio possesso), 45 anni fa (!), in copertina pubblicava «condannato per non avere rapporti sessuali con la moglie». In breve, nei tribunali da sempre per gli uomini non ha alcuna importanza se c’è consumazione nel matrimonio, per le donne invece è un diritto inalienabile se così lo desiderano, e merita un risarcimento se questo diritto è inadempiuto.

Tradimento e fedeltà. Il tradimento dell’uomo è «una condotta obiettivamente grave», ha stabilito la Cassazione: «la sua vita è stata rovinata per aver dovuto chiedere una separazione che non avrebbe mai voluto», quindi in questo caso le “corna” costano 70mila euro di risarcimento. Alla moglie viene risarcito per lo stesso motivo «un danno esistenziale», secondo il Tribunale di Brescia, in questo caso di 40mila euro. Perché ci sia tradimento da parte dell’uomo non c’è bisogno che ci sia stato un rapporto, ci informano i giudici in Puglia, basta il flirt telefonico: «fedeltà non significa solo astenersi dall’avere rapporti sessuali con persone diverse dal coniuge, ma non tradire la fiducia reciproca che dura quanto dura il matrimonio». Eppure, quando si tratta di lei la Cassazione ha giudicato la «relazione adulterina» della moglie «del tutto irrilevante», «non può cancellare la colpa del coniuge». Anche quando, come in un’altra occasione, la moglie fugge con l’amante: «l’infedeltà della moglie non è necessariamente e automaticamente causa esclusiva di addebito della separazione coniugale. Il marito tradito può anche essere chiamato a concorrere nel mantenimento della consorte nel procedimento di divorzio». Anche nei divorzi milionari, «all’ex moglie resta il super assegno anche se è stata infedele». Ancora la Cassazione, in un’altra occasione: «è irrilevante che la donna, poco prima della definitiva rottura, abbia intrapreso un rapporto extraconiugale». Non solo la Cassazione. Tifoso rientra prima e trova la moglie con un altro: è rissa. Convinto dai carabinieri a lasciare l’abitazione coniugale e a trasferirsi dai genitori. Non lei, che cornifica, ma lui!

divorzio

Una via crucis.

Di nuovo, la Cassazione, «i doveri di solidarietà derivanti dal matrimonio» valgono «anche nel caso di infedeltà coniugale», il marito deve essere «solidale» e rischia per indebita interferenza nella vita privata della consorte. Infatti, rendere pubblico il tradimento della moglie è un reato di diffamazione. Dire «tua moglie ti tradisce», davanti ad altri, è reato, conferma la Cassazione in un’altra occasione. Ancora una volta, la Cassazione: «reato filmare moglie a letto con l’amante» (tutti gli esempi senza link menzionati in questo intervento sono tratti dall’opera La grande menzogna del femminismo, pp. 719-721). Infine, «la Cassazione conferma il risarcimento dei danni per la signora ripresa con l’amante in un video musicale» girato all’aperto. Chissà se anche il marito tradito, dal quale lei ha dovuto separarsi dopo il video, avrà dovuto pagare alla moglie fedifraga. In breve, nei tribunali le corna di lui sono molto gravi, le corna di lei giustificabili o, ancora meglio, «irrilevanti». E così via, in ogni ambito, anche insignificante, e su qualsiasi argomento: la proprietà, il reddito, il lavoro, la cura o la frequentazione dei figli, la violenza, l’abbandono dell’abitazione coniugale, l’educazione da impartire sui figli, ecc., in una presa per i fondelli infinita. Un Via crucis spietato dove la legge è uguale per tutti, l’interpretazione della legge no. Un inferno personale che si traduce in rabbia, disperazione, depressione e/o… suicidio.



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