Nel panorama delle storie che raramente trovano spazio sulle prime pagine dei giornali, si fa strada un fenomeno inquietante e spesso minimizzato: la violenza esercitata da donne – maestre, educatrici, figure considerate “materne” – contro minori. Non parliamo né di casi isolati né di narrazioni romanzate: la cronaca recente riporta episodi che oscillano tra il grottesco e il tragico, ma che curiosamente non scatenano mai il medesimo clamore di altri tipi di violenza. Nel silenzio, tra le mura di aule e refettori, qualcuno si sente evidentemente autorizzato a superare il limite.
Abbiamo già visto il caso di Castellammare, luogo in cui “l’amore per il prossimo” si trasforma in teatro di giochi tutt’altro che innocenti. Siamo di fronte all’ennesima insegnante che, per denaro, noia, trasgressione o una discutibile idea di affetto, si abbandona a pratiche proibite con minori, raccontando poi che si trattava di “amore”. L’ironia truce della situazione è evidente: se il protagonista fosse stato di sesso opposto, avremmo già visto schiere di opinionisti pronti a invocare galere e pubbliche gogna; ma la cronaca sul caso, per chi vuole davvero saperne di più, è a portata di un click su ciò che accade dietro la cattedra e non vediamo mai nei titoli dei giornali.

L’ipocrisia delle crociate di genere sui minori vittime
Del resto l’arte di trattare i minori con grande dolcezza sembra reiterarsi, come dimostra il recente processo che vede coinvolta una maestra dell’istituto Pietro Pallavicini di Roma: qui, con “grande amore”, si legano bambini a una sedia, convinti che il filo della dedizione possa giustificare ogni abuso. Ed ecco farsi largo ancora una volta la retorica auto-assolutoria: nessuna vera indignazione di massa, nessun hashtag, ma una sequela asfissiante di scuse e minimizzazioni. Chi volesse leggere con i propri occhi basterà esplorare come certi atti vengano raccontati nella cronaca locale, dove il sorriso sarcastico lascia il posto allo sconcerto.
Ancor più sconfortante la vicenda napoletana: una bambina legata a una sedia in mensa da un’educatrice, già licenziata dopo il gesto, e i genitori che, per motivi spesso poco chiari, non sporgono denuncia. Tutto finito qui? Sbagliato: si tratta della quotidianità, quella ignorata dalle grandi crociate rosa che amano urlare frasi come “La violenza contro i figli è sempre maschile”. Il mondo reale – quello a cui la stampa e i movimenti di opinione spesso voltano le spalle – ci racconta altro, e a chi vuole conoscere la verità basta guardare come persino i casi più eclatanti vengano velocemente messi a tacere. Lascia allora sconcertati il fatto che, mentre si alza un polverone per ogni supposta offesa subita da una minoranza ben coperta, la sofferenza silenziosa di minori vittime di donne resta invisibile, se non addirittura derisa. Invitiamo chi è davvero interessato a ciò che accade fuori dagli slogan a leggere anche altri articoli su LaFionda.com, ad approfondire i numerosi dati pubblicati dal nostro Osservatorio Statistico e a consultare il nostro chatbot qui in basso a destra.