Da mezzo secolo la narrazione femminista cade come pioggia battente, con ritmo crescente fino a emulare un diluvio, sopra gli uomini che, con ostentata e sospetta nonchalance, per lungo tempo hanno finto di non bagnarsi. Al passare dei decenni alcuni hanno però iniziato ad aprire gli ombrelli, ad indossare indumenti protettivi, trovando ormai impossibile negare la precipitazione ininterrotta che da un cielo greve cade sulla loro anima (giacché si sta parlando proprio della psiche e delle sue forze). Hanno così avviato una critica dapprima timida e circoscritta e poi via via sempre più ampia, articolata e profonda, sempre meno imbarazzata, a quel racconto monopolistico, totalitario, liquidatorio del valore degli uomini e insieme, necessariamente, della relazione tra i sessi.
Narrazione che subisce sempre più frequenti attacchi mirati o scentrati, sottili o maldestri, ficcanti o innocui, documentati o improvvisati, non importa, da fonti e direzioni eterogenee, sempre più vaste, diversamente motivate e orientate. Al lavoro impegnativo e alle acquisizioni di qualche decina di pionieri si stanno sommando ormai tante voci e grida disparate che in svariati modi e forme, con pacatezza o con rabbia, spinta talvolta fino all’ira, denunciano le falsità manipolatorie di un racconto che inizia finalmente a scricchiolare agli occhi (ossia per il cuore) della pubblica opinione. Bene.
Uomini che ascoltano.
Nondimeno, tutte le critiche e gli sbugiardamenti, tutta l’opera di demolizione di quella Grande Menzogna, come le semplici denunce dei bug di cui è costellata, condividono una condizione primaria senza la quale non avrebbero ragion d’essere. Un filo invisibile ma di resistenza insuperabile, che nessuna lama può recidere, è questo a rendere necessaria l’opera smantellatrice di tutti noi, demolition-men in azione: un legame affettivo. Se quel legame non ci fosse, non sarebbe necessario demolire alcunché. Se si recidessero i tentacoli di quella medusa non sarebbe necessario contorcersi nel tentativo di sgusciarne fuori, se con una sciabola si tagliasse la tela di Shelob, non sarebbe necessario divincolarsi per uscirne. Perché dunque non ne usciamo? Sarebbe semplice farlo, ma non possiamo farlo e non lo vogliamo.
Possiamo immaginare che quella rete si spezzi solo in un esperimento mentale. Nei fatti non possiamo recidere quel legame perché il mondo precipiterebbe e lo intuiamo perfettamente. Se gli uomini dicessero: «Dei vostri mali non c’importa nulla. Non ci importa nulla di alcuna parte del vostro racconto, che sia vera o che sia falsa, nulla delle vostre sofferenze passate, presenti e future. Delle discriminazioni, delle penalizzazioni delle centinaia di mali multiformi di cui parlate, di quel rosario di mali di cui scrivete piangendo da decenni. Raccontate quel che volete, ce ne freghiamo delle vostre lacrime!». Questa sarebbe la sciabolata che taglia la rete e li affrancherebbe da ogni ricatto morale, ma nello stesso istante crollerebbe il mondo perché una lacerazione inaudita dilanierebbe l’umanità. È per questo, per salvare il mondo che gli uomini non mettono mano alla spada, non tagliano la testa alla Medusa, consci che non possono ignorare le sofferenze femminili senza che con ciò il mondo stesso finisca. Per questo restano tutti là, esposti al diluvio di un cielo livido e nemico. Vi restano perché incatenati da un legame che non vogliono né possono spezzare, giacché, nonostante e tuttavia, ancora e sempre, amano quella metà del mondo che pur oggi li accusa e li condanna. E la ascoltano.
Finirebbe il mondo.
Se non fosse così, se se ne infischiassero dei mali, tanti o pochi, veri o falsi, passati e presenti di cui parla, la Grande Narrazione (ossia il grido femminista) cadrebbe beffardamente nel vuoto. Negletta, piomberebbe nell’abisso dell’indifferenza precipitando le parlanti nello sgomento: «Non ci importa nulla di voi, delle vostre tragedie, delle vostre lacrime! Madri, figlie, sorelle, amanti… andate al diavolo!». Questa la sciabolata, questa la bomba annichilatrice. Se gli uomini fossero stati indifferenti, se si fosse percepito ab origine che lo sono da sempre e radicalmente, quel racconto non sarebbe mai nato, quel cahier de doleance mai concepito.
La sua ragion d’esser e la sua forza cogente stanno tutte nella certezza che gli uomini avrebbero ascoltato – come in effetti fu – che si sarebbero sentiti coinvolti e vincolati, come in effetti è. La certezza che non diranno mai: «Ce ne infischiamo dei vostri mali e del vostro destino!», ordigno psiconucleare che condurrebbe all’istante alla fine del mondo. Non sganceranno mai quella bomba devastante, ciò in forza di quel legame invisibile ma invincibile, di quell’affetto primordiale che un tempo, senza imbarazzi, veniva chiamato amore. Se qualcuno lo cercava, eccolo qui l’axis mundi.