Il punto 2 del programma dei “Pride” è “famiglie”: si chiede «che la legge riconosca e tuteli ogni forma familiare. È ora di veder legiferato il matrimonio egualitario e il riconoscimento alla nascita dellə figliə nate all’interno delle coppie omogenitoriali». Viene da dire che in realtà “lə figliə” nascono necessariamente fuori dalle coppie omogenitoriali, e poi ci vengono tirati dentro loro malgrado (scusate abcdefghi+, funziona così proprio la biologia, non le faccio io le regole). «Chiediamo il sostegno e l’accesso alla procreazione assistita e l’eliminazione dell’orrenda legge che criminalizza universalmente la Gestazione Per Altri», ecco, appunto. «Spingiamo per una riforma del diritto di famiglia che apra a tutte le coppie la possibilità di adottare, indipendentemente dalla forma della relazione, dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere di chi intende assumere una responsabilità genitoriale»: ci pare quasi di vederla, la “polecola” in “anarchia relazionale” composta da tot persone – mettiamo un non-binario, una “furry” che si identifica in una volpe di giorno e in un pipistrello di notte, un “trans” autodeterminato con barba e bigolo, una genderseason che cambia l’identità di genere con le stagioni, e un ottantenne “transageista” che si identifica in un bambino di sei anni – adottare un povero malcapitato, certamente avviato a un misero destino. Senza contare coppie non ben intenzionate che, come “effetto collaterale” di questo “diritto fondamentale”, potranno adottare o acquistare bambini con estrema facilità e abusarne, come purtroppo si sente fin troppo spesso nella cronaca estera (ad esempio qui e qui).
Il punto 3 è il “matrimonio egualitario” (di nuovo?): vabbè, uno dei più moderati. Il punto 4 è dedicato alle “terapie di conversione”: come abbiamo spiegato qui, trattasi di cavallo di Troia che usa la scusa di proibire i tentativi di far cambiare gusti sessuali ai gay, per proibire sullo stesso piano anche ogni approccio che non affermi immediatamente e senza condizioni l’“identità di genere” di qualcuno. Piccolo particolare, i gusti sessuali sono un fatto oggettivo facilmente verificabile con un banale test empirico, mentre l’“identità di genere” non esiste: al più, è un contenuto mentale soggettivo, spesso mutevole nel tempo. «È inaccettabile che strutture ospedaliere e professionistə promuovano terapie di conversione per le persone transgender e gender creative… sotto la falsa veste di servizi di supporto psicologico che presentano un determinato genere come quello corretto a-priori per una persona. Questi percorsi violano la dignità e il diritto di autodeterminazione delle persone transgender»: se questa richiesta fosse presa sul serio, si dovrebbe proibire per legge la possibilità per un medico di suggerire a un dodicenne che si presenta come “non binario” o “trans” di attraversare la pubertà, magari con una psicoterapia di sostegno, prima di prendere decisioni in senso farmacologico o chirurgico che comportano alterazioni e danni irreversibili al corpo.

La fuffa del “femminicidio” non poteva mancare.
Il punto 5 riguarda “scuola, università, sport, lavoro e istituzioni” e ovviamente la prima pretesa è che «le scuole di ogni grado e le università diventino spazi sicuri grazie a programmi di educazione affettiva, sessuale e alle differenze». Sappiamo benissimo di cosa si tratta (ne abbiamo parlato qui), le lezioncine transfemministe sugli “omini genderbread” e la colpevolezza innata del maschio bianco-etero-cis-patriarkale. Ma non è tutto: «Chiediamo il ritiro delle Nuove indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo che contengono frasi aberranti e che promuovono l’inferiorità dellə discentə rispetto alle persone adulte di riferimento, la centralità educativa della famiglia etero patriarcale e l’incapacità delle persone piccole di costruire spirito critico, consapevolezza, conoscenza e di essere protagoniste attive del proprio apprendimento». Le “persone piccole” non sono “inferiori” agli adulti, ci mancherebbe: a 2 anni conoscono già la propria “identità di genere”, possono costruire spirito critico e consapevolezza (purché lontane dalla “famiglia etero patriarcale”: in quell’ambiente diventano automaticamente spugne che assorbono tutto l’indottrinamento etero-cis-normativo cattivo). Manca poco a dire che possono esprimere il consenso per…
Segue, ovviamente, la pretesa alla “carriera alias” – cioè a figurare col nome e il sesso di elezione, e non quelli reali – in ogni ambiente scolastico, universitario e lavorativo, e a gareggiare nelle categorie sportive del “genere” di elezione, e non del proprio sesso (ne abbiamo parlato qui). Saltiamo alcuni punti, ridondanti o troppo specifici (ma invitiamo il lettore a guardarli da sé) e arriviamo al punto 11, “violenza di genere”. E ti pareva che mancava il pippone sui “femminicidi” e sulla violenza maschile? Inizia proprio così, con la regina di tutte le balle: «Ogni tre giorni, una donna viene uccisa in Italia dalla violenza maschile. Solo nel 2024, sono state 113 le vittime, quasi tutte dentro le mura domestiche (61 assassinate dal partner o dall’ex). Chiamiamo questa strage per quello che è: femminicidio. Quando le istituzioni restano inerti di fronte a questa barbarie» (inerti? Ma se non si parla d’altro, non si fa statistica su nient’altro, e fra poco vogliono renderlo reato a parte?) «quei femminicidi diventano femminicidi di Stato, e il governo ne è complice. Mentre le denunce di violenza aumentano» (le denunce forse sì, ma noi di LaFionda.com sappiamo bene quante di queste corrispondono a reati effettivi e quante invece sono accuse false e strumentali…) « chi ci governa risponde con propaganda, tagli ai centri antiviolenza e propone l’ergastolo per i carnefici, come se potesse funzionare da deterrente ma senza agire sulle vere cause del femminicidio, senza provare ad agire a monte del problema, con una diversa educazione sesso-affettiva nelle scuole, anzi sostenendo la “famiglia tradizionale” a discapito della vita e della sicurezza delle donne». “Aridaje”: certo cari abcdefghi+, come no, basta insegnare ai bambini che cambiare “genere” è una bellissima avventura e farli adottare dalle “polecole” di cui sopra, e sicuramente la violenza si azzererà. Sicuro.

Ma quale festa dell’amore?
Non poteva mancare il punto 12, il più folkloristico: “Antifascismo, transfemminismo, antirazzismo e giustizia climatica”. Non è contemplato un gay o una lesbica o un transessuale che non si beva il continuo spauracchio dell’emergenza “fascismo” o “razzismo”, o che si riconosca nel “femminismo della differenza”, o magari non sia convinto dell’influenza dell’uomo sui processi climatici. Niente. Se sostieni il Pride, daranno per scontato che tu aderisca ad «un femminismo intersezionale che lotta contro tutte le ingiustizie sociali e le oppressioni, consapevoli delle molteplici sfaccettature delle nostre lotte, che ci vedono unite contro violenze che nascono dallo stesso sistema patriarcale». Diego Salvadori, consigliere comunale di FdI a Bolzano, è stato messo alla gogna mediatica per un post su Facebook per il quale si è dovuto pure scusare pubblicamente: il post riportava nell’immagine una citazione attribuita a Goebbels chiaramente menzionata in senso critico, tuttavia possiamo concordare che si sia trattato di una scelta di comunicazione poco felice. Però, alla luce di quanto abbiamo letto nel documento politico del Roma Pride, concordiamo totalmente con il testo del post: «Quando un ente pubblico decide di esporre un simbolo che è associato a specifiche battaglie politiche, trasforma uno spazio neutrale in uno spazio ideologicamente connotato. La bandiera arcobaleno, infatti, è un simbolo di movimenti e agende politiche che toccano temi educativi, sociali e culturali divisivi quanto inaccettabili». Nel “mese del Pride” l’intero paese si trasforma in tale “spazio ideologicamente connotato”, anche in virtù dei soldi pubblici che vanno a finanziare queste manifestazioni. Sarà ora per chi non è d’accordo, omosessuali e transessuali compresi, di ridestarsi dal sogno della “festa dell’amore loveislove”, e alzare la propria voce contro tutto questo?