Si sa, perché pesantemente presente nelle statistiche ufficiali, che gli uomini si suicidano molto più delle donne. Segno di un disagio naturalmente ignorato ad ogni livello, a partire da quello istituzionale. Ma c’è un sotto-genere di suicidi maschili che viene ancora di più dimenticato, tolto dal novero dei fenomeni degni di considerazione: i suicidi dei padri separati che, secondo una ricerca Eures di diversi anni fa (naturalmente mai più replicata), si aggirano su una media di circa 200 casi all’anno. Circa uno ogni due giorni, per chi ama questo genere di espressioni. Proprio per questo generale disinteresse colpisce questo recente articolo. È una delle tante notizie di suicidi maschili, ma l’elemento nuovo è che viene evidenziato il contesto all’interno del quale matura l’insana decisione di togliersi la vita. A mia memoria non si era mai stabilito prima con tanta chiarezza il nesso tra separazione, privazioni e sofferenze che ne derivano, impossibilità di continuare a soffrire. Di solito le cronache riportano “problemi familiari”, in qualche caso anche “problemi economici” ma sempre rimanendo nel vago. Non viene mai evidenziato il vortice letale descritto nell’articolo: «La separazione, per molti, si traduce in un tracollo non solo emotivo, ma anche economico e sociale. Perdita della casa coniugale, assegni di mantenimento onerosi e la difficoltà di mantenere un rapporto continuativo con i figli creano una miscela esplosiva».
L’aspetto più ansiogeno è il ruolo marginale imposto al padre da una prassi giurisprudenziale “strutturale e di sistema”, per utilizzare una formula tanto cara al femminismo suprematista. L’aspetto economico è rilevante, ma resta in secondo piano rispetto alla prospettiva relazionale. È fuori di dubbio che molte donne separate debbano destreggiarsi tra enormi difficoltà economiche, ma c’è un dato incontestabile: la madre che non vede l’assegno non si toglie la vita; il padre che non vede i figli, si. Vedendo questa notizia, mi sono trovato a percorrere nuovamente sentieri già esplorati a cavallo tra la fine del secondo millennio e l’inizio del terzo, quando l’analisi critica dell’assetto sociale e del sistema giudiziario è confluita nella pubblicazione de “il Pater Sapiens in evoluzione” prima e “…perché i giudici non sono bambini” poi. Due testi senza particolari obiettivi se non quello di lasciare traccia delle troppe storture che all’epoca inquinavano il Diritto di Famiglia; senza velleità commerciali, infatti venduti in poco più di 1.100 copie, 600 delle quali acquistate nel 2003 dall’On. Carla Mazzuca Poggiolini come strenna natalizia per i colleghi parlamentari.
Niente sembra cambiato.
Il filo conduttore è il nuovo assetto della famiglia e l’irruzione a gamba tesa del sistema giudiziario: A.C. Jemolo sosteneva che “la famiglia è un’isola che la giustizia dovrebbe limitarsi a lambire”, ma l’analisi della casistica testimonia che, invece di lambire, gli effetti del maremoto giudiziario ne fanno scempio. Separazioni e divorzi presentavano troppi aspetti critici, erano nell’aria grandi cambiamenti che in effetti nel 2006 sono arrivati senza però produrre gli effetti voluti dal Legislatore. Ecco, il motivo di riproporre testi vecchi di oltre 20 anni è esattamente questo: documentare come certe criticità sono rimaste invariate. Esistono ovviamente delle differenze legate all’età dei testi, all’alba del terzo millennio non esisteva l’affidamento condiviso, c’era ancora la potestà genitoriale poi abolita in favore della responsabilità genitoriale, c’erano gli artt. 155 c.c. e seguenti poi sostituiti dalla riforma del 2006, ancora non aveva fatto irruzione la scuola di pensiero che caldeggia l’esistenza del femminicidio come omicidio di una donna-in-quanto-donna, ancora non c’erano il 1522, le leggi sullo stalking, il codice rosso, il codice rosso rafforzato, il proliferare delle false accuse, eccetera. Ma, nonostante tutto, ciò che sorprende è l’attualità dei temi trattati. Drammatica attualità di testi che sembrano scritti la settimana scorsa. Spero di fare cosa gradita ai lettori nel pubblicare qui, e a seguire nelle prossime quattro settimane, estratti da quei due testi.
Scarica QUI il primo estratto da “Il Pater Sapiens in evoluzione”, sul tema Chi è il soggetto debole? Suicidi, fattori di rischio, asimmetrie ed altro.