Ce l’hanno ovviamente segnalato in molti, l’articolo uscito ieri sul Corriere della Sera, un’inchiesta firmata Milena Gabanelli e Andrea Priante intitolato “Siti incel italiani: sono decine. Chi c’è dietro e come fanno soldi sull’odio contro le donne”. Non ne parliamo perché sia un’inchiesta particolarmente illuminante. Dice di base le solite cose: “pensa come vuoi, ma pensa come noi”. E non è consentito avere dubbi, discostarsi dalla versione unica, tanto meno portare riflessioni, raccolte di dati da fonti ufficiali: la realtà non conta, conta soltanto la narrazione. Chi non si allinea finisce infangato e additato. Niente di nuovo insomma dai media mainstream, se guardiamo ai contenuti. Molto più interessante è analizzare la tecnica con cui è stata fatta l’inchiesta, quel “metodo Report” che molti in Italia ammirano, ma che ha una lunga serie di limiti, ben evidenti in questo articolo.
La cifra è: sollecitare l’indignazione a ogni costo e fare riferimento a guadagni impropri. Non c’è servizio “alla Report” che non abbia queste caratteristiche. Intendiamoci, in alcuni casi colgono nel segno, ma non è che le malefatte sono così numerose e le risorse di redazione così tante da scoprire una malefatta per ogni puntata. Quando c’è carenza, quindi, si manipola per creare ad arte la notizia. Questo è molto evidente quando l’articolo parla indirettamente di noi de LaFionda.com e soprattutto del fondatore Davide Stasi. Qualche esempio: si dice che siamo (ovviamente) misogini, brutti e cattivi, ma si è costretti poi ad ammettere che tutte le denunce contro di noi, in particolare contro Davide Stasi (quando ancora era titolare di questi spazi) sono state archiviate. Dicesi anche false accuse, ma questo l’articolo non può dirlo, visto che ne contesta l’esistenza poco dopo.
Il “metodo Report”: un colabrodo di contraddizioni.
Ancora: si fa riferimento ai monumentali guadagni che le piattaforme misogine farebbero e si cita la parte del nostro sito che mette a disposizione una Donorbox per le donazioni, prevedendo vari livelli di contributi, con il più alto di 500 euro. Solo che mica è obbligatorio donare, punto primo. Punto secondo, se proprio il Corriere della Sera vuole saperlo, tramite le donazioni in cinque anni abbiamo raccolto circa 2.000 euro, tutti dimostrabili. In cinque anni. Roba da comprarsi una villa in Sardegna, vero Gabanelli? La nostra audience è fatta di poveracci, molti padri separati saccheggiati dalle ex mogli, ed è già un miracolo aver raccolto quella cifra in cinque anni (e comunque non abbiamo mai visto una donazione da 500 euro). E poi, perché mai se siamo così ricchi dovremmo chiedere collette per pagare le nostre spese legali, com’è capitato a Stasi un anno fa? Per altro, la nostra audience è talmente ampia che in quell’occasione si raccolse l’enorme cifra di… 1.200 euro! E via un’altra villa in Sardegna. Ah, e che dire della pubblicità sul sito? Stasi, il fondatore del sito, era contrario e non l’ha mai messa. I titolari subentrati a lui un anno fa invece non ci vedono niente di male ed è stata inserita più di un mese fa. La cosa ci sta rendendo tutti ricchi sfondati. Ecco lo screenshot da Google AdSense con le performance economiche del sito negli ultimi 28 giorni. Crepate d’invidia, vero?
Il capolavoro è la citazione dell’audizione di Stasi in Senato. Lì non possono far altro che dire ciò che è accaduto ma, com’è tipico del “metodo Report”, omettono un particolare: diverse senatrici presentarono un’interrogazione parlamentare di sindacato ispettivo al Ministro dell’Interno, dopo quell’audizione, chiedendo la chiusura di tutti i canali web e pure quelli personali (!!!) di Stasi (e di Nestola). Una roba fascistissima a cui il Ministro dell’Interno si guardò bene dal rispondere. Ma, scivolone ancora più clamoroso: a un certo punto si dice che LaFionda.com è ancora “riconducibile a Davide Stasi”. Sbagliato, e Davide l’ha pure dichiarato a chiare lettere qui. Un articolo che ai segugi del Corriere, fedeli al “metodo Report”, non può essere sfuggito. Davide Stasi, anche per evitare stupide gogne mediatiche del genere e repressioni giudiziarie, non ha più nulla a che fare con queste pagine, non si occupa più di queste tematiche, salvo aggiornare i suoi libri precedenti. Riconoscere questa cosa, che è di dominio pubblico da quasi un anno ormai, rischiava però di togliere un intero argomento all’articolo e così Gabanelli e Priante hanno fatto finta di non vedere.
Occhio al 25 novembre!
Ma perché un’inchiesta del genere e perché proprio adesso? Non ci vuole un genio per capirlo. Si tratta di un percorso preparatorio già iniziato con le polemiche sul gruppo Facebook “Mia Moglie” e sul forum “Phica.net”. Sono tutti passaggi per preparare il terreno e le zucche vuote dei lettori medi ad ingoiare una nuova legge, già annunciata di recente da Martina Semenzato, Presidente della “Commissione Femminicidio”. Sarà una legge iper-repressiva, di quelle che piacciono a questo Governo che, essendo di destra, conosce soltanto il linguaggio del pugno di ferro, quell’approccio da “law and order” con mento prospiciente che piace tanto al suo elettorato. E se non c’è emergenza da reprimere col pugno di ferro, be’, si inventa, che problema c’è? Il “metodo Report” scatta non solo in caso di carenza di scandali, ma anche quando arrivano ordini dall’alto. C’è da attendersi altre carognate del genere nelle prossime settimane, tanti semini sparsi nell’opinione pubblica, in modo che tutti siano in anestesia totale quando il Governo farà passare un qualche decreto che chiuderà questa e molte altre piattaforme di libera espressione d’opinioni. E la data c’è: il 25 novembre. L’8 marzo scorso c’è stato il coup-de-téatre dell’improponibile legge sul femminicidio, il 25 novembre ci sarà la chiusura coatta di varie piattaforme sul web e sui social e non pochi passeranno guai giudiziari. Il popolino applaudirà, la sinistra rosicherà, i destrorsi godranno. Chi ha un po’ di cervello resterà semplicemente attonito. Nel frattempo faccia backup dei contenuti. Verranno utili quando questo periodo oscuro finirà.
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