La Fionda

Il mantenimento in cambio di nulla

Esercizio di immaginazione mentale: il sig. Rossi vede finire, contro la sua volontà e con profondo rammarico, a causa di continui litigi con la moglie e al tradimento di lei, che aveva un amante, il suo matrimonio. Malgrado tutto, il sig. Rossi continua ad amare la moglie, sarebbe stato disposto a voltare pagina e a riprendere il rapporto. Lei vuole il divorzio. Durante il procedimento il Tribunale giudica il tradimento di lei «irrilevante». Inoltre, tenuto conto della divergenza di reddito, alla ex moglie viene concesso un assegno e assegnata l’abitazione familiare di proprietà del sig. Rossi – compresi i mobili, che erano perlopiù del sig. Rossi e antecedenti al matrimonio. A seguito di questa ordinanza, l’amante della signora approfitta per traslocare e vivere di fatto con lei nell’abitazione assegnata dal Tribunale – anche se in teoria, a livello legale, non ha cambiato residenza e abita altrove. Malgrado la convivenza, la ex moglie continua ad incassare l’assegno di mantenimento, secondo quanto ha già stabilito in altre occasioni la Cassazione: «se l’ex moglie convive con un altro non perde (automaticamente) l’assegno di mantenimento». Inoltre, anche se il marito è costretto a mantenerla, per ordine del Tribunale, la ex è libera di vivere la vita sessuale che vuole con chi vuole. Su questo punto il Tribunale è pienamente coerente con l’importanza attribuita in sede di divorzio alle relazioni sessuali nel matrimonio della coppia rispetto ai restanti obblighi matrimoniali: se durante il matrimonio i rapporti sessuali di lei con altri al di fuori del marito sono stati giudicati «irrilevanti», per quale motivo dovrebbero importare ora da separati al sig. Rossi, anche quando pesi su di lui un obbligo economico a favore della ex? Il secolare concetto – che la storiografia ha adoperato per spiegare in maniera sommaria le relazioni tra uomini e donne lungo tutta la Storia dell’umanità – di mantenimento in cambio di sesso e sesso in cambio di mantenimento, è stato finalmente scardinato dalle leggi dei tribunali umani: ora è mantenimento in cambio di nulla.

L’intervento dei professionisti del settore non sono riusciti però a lenire la sofferenza del sig. Rossi. All’epoca il tradimento della ex gli aveva spezzato il cuore, lui continua ad essere innamorato e non è ancora guarito. Invece di apportare un po’ di serenità e di sollievo alla sofferenza del sig. Rossi, le decisioni del Tribunale non hanno fatto altro che sprofondarlo ancora di più nel dolore. Il sig. Rossi continua a soffrire, e la convivenza della ex con l’amante, tra l’altro finanziata da lui, gli provoca una indicibile sofferenza. Il Tribunale si è dimostrato completamente indifferente rispetto ai legami affettivi che possano esistere tra il sig. Rossi e la sua proprietà, di cui ora usufruisce la ex. Il Tribunale se ne frega se questa è stata vinta alla lotteria, o comprata con tanti sacrifici, o sia invece una preziosa eredità di famiglia da diverse generazioni, alla quale tenevano affettivamente non soltanto lui, ma anche i fratelli e le sorelle del sig. Rossi. Parimenti per quanto riguarda ogni singolo oggetto di proprietà del sig. Rossi, che è rimasto in quella abitazione: il Tribunale se ne frega. Il letto matrimoniale, trasportato con tanto amore all’interno dell’abitazione, era stato un caro regalo di nozze della madre, ormai deceduta, ereditato dai nonni materni, morti nel campo di concentramento nazista, un ricordo familiare di grande e inestimabile valore per tutti, e al quale il sig. Rossi, come a tante altre cose, ci teneva specialmente. Il Tribunale se ne frega. Ora, sul quel letto familiare, dormono la ex e l’amante. Questi elementi acuiscono l’immensa sofferenza del sig. Rossi, che non riesce a pensare ad altro, lo irritano, lo turbano, lo sdegnano, si sente vittima di una grossa ingiustizia e deriso dal destino. Scandalizzato, non riesce a distogliere la mente dall’immagine della ex e del suo amante che ridono e si divertono insieme nella sua abitazione, mangiano sul suo tavolo cibo da lui pagato, guardano la sua Tv e fanno sesso sul suo letto, quel letto matrimoniale così caro a lui, a sua madre e ai suo nonni, un oltraggio a tutta la sua famiglia. Ora, se voi foste il sig. Rossi, in una situazione simile, disorientato e pieno di rabbia, cosa fareste?

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Nessuna tutela per figli e padre.

Separarsi, dopo un investimento affettivo, non è mai facile. Durante questo processo le persone dovrebbero essere aiutate, non trascinate in un inferno e sprofondate, ingiustizia dopo ingiustizia, nella più assoluta disperazione. La verità è che l’industria del divorzio non risolve nulla, ma si propone come soluzione a problemi e al bisogno di inutili consulenze giuridiche che la stessa industria, artificialmente, ha creato. È la burocrazia che rende se stessa necessaria per liberarsi della burocrazia. Questa industria, che non produce niente tranne che sofferenza e dolore, si mantiene economicamente grazie all’impoverimento delle sprovvedute vittime che proclama di voler aiutare. Gli operatori di questa industria fiutano l’odore dei soldi e si avventano come avvoltoi sul patrimonio delle loro prede, che sono nella stragrande maggioranza i soggetti maschili. Non dovrebbe stupire quindi se alcuni uomini, spinti nell’angolo dalle continue ingiustizie e ai limiti della sopportazione, perdono la testa. Non dovrebbe stupire se il sig. Rossi perde la testa… e questo si traduce in rabbia, pazzia, violenza incontrollata su di sé (suicidio) o su altri (la ex, il nuovo compagno della ex, assistenti e operatori del Tribunale, ecc.). Anche a difesa del proprio patrimonio. Purtroppo la cronaca ogni qualvolta ci offre conferma: uomini “normali” che, dopo una lunga vita incensurati, per meri motivi economici assoldano dei banditi per spaventare la moglie prima del divorzio o pianificano la sua morte, gravati da debiti decisi da giudici in sede di separazione, fino alla uccisione.

Evidentemente ai media non interessa creare dei vincoli tra i suicidi e le notizie di cronaca nera e le misure giudiziarie in sede di divorzio che colpiscono questi individui. La maggior parte di queste tragedie vengono presentate dai media come responsabilità di individui instabili o frutto del patriarcato, in nessun modo causate dai comportamenti e dalle decisioni delle ex, coadiuvati dall’industria del divorzio, dalle ingiuste normative e sentenze giudiziarie. Da questi procedimenti scaturiscono ogni anno centinaia di detenzioni per violenza, suicidi, uxoricidi, uccisioni di figli, ecc. e a nessuno viene mai il dubbio, a livello istituzionale e mediatico, se non sia proprio il sistema che è ammalato. Ma questa insopportabile sofferenza che è stata appena descritta, la sofferenza del sig. Rossi, può essere ulteriormente inasprita dall’industria del divorzio, le condizioni di salute mentale del sig. Rossi possono essere aggravate ancora da altre ingiustizie ancora più strazianti da quelle già descritte? Sì, ci sono altri due elementi, che ho voluto finora sorvolare, di somma importanza nell’industria del divorzio: i figli e le false denunce, elementi che verranno approfonditi nei prossimi interventi. Tutti siamo consci dell’importanza dei figli e di come, troppe volte, l’affidamento alle madri avvenga come una tappa di routine, una scelta automatica, facendolo diventare spesso un arma di ricatto per ottenere l’abitazione, l’assegno e prebende di ogni sorta. Purtroppo la legge non tutela i figli né il ruolo del padre, salvaguarda solo il genitore affidatario dei figli, che nella stragrande maggioranza di casi risulta essere la madre. Non serve spiegare quanto una falsa denuncia, già di per sé devastante, legata all’argomento figli, possa destabilizzare la serenità mentale di qualsiasi padre.

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L’equazione misteriosa.

Nuovo esercizio di immaginazione mentale: il sig. Rossi ha tre figli piccoli, un maschio e due femmine. La moglie del sig. Rossi chiede il divorzio e l’affidamento esclusivo dei figli. La sentenza stabilisce, come da manuale, la collocazione dei figli presso la madre, tempi di frequentazione non paritetici, assegna l’abitazione familiare alla madre, gli alimenti a suo favore, e l’affidamento condiviso. Non soddisfatta dall’ordinanza preliminare, la ex moglie denuncia, falsamente, abusi sessuali del padre nei confronti delle figlie di 4 e di 7 anni, e a prova degli abusi deposita un disegno della figlia (che la figlia non riconoscerà mai di sua produzione) e la testimonianza del nuovo compagno sentimentale della ex moglie. Durante un incontro assieme alla figlia, questa giocando avrebbe cercato di toccargli il pene, lui si sarebbe stupito e avrebbe chiesto, “che gioco è?”, al quale la figlia avrebbe risposto: “è un gioco che faccio con il mio papà”. Di conseguenza il giudice revoca l’affidamento condiviso, che assegna in esclusiva alla madre, limita i tempi di frequentazione paterni e spedisce la documentazione in Procura. La Procura inizia un procedimento nei confronti del sig. Rossi, coperto di segreto di istruttoria, che, evidentemente, dura più di un anno fino alla sua archiviazione definitiva perché il fatto non sussiste. Nel frattempo, la ex moglie, forte della sua denuncia e dell’affidamento esclusivo, ostacola la frequentazioni dei figli col padre e prende unilateralmente tutte le decisioni che riguardano i figli, fa insomma quello che vuole.

Il sig. Rossi, che prima della separazione teneva alla sua famiglia, non vedeva l’ora di abbracciare i figli quando tornava dal lavoro e trascorreva con loro tutto il tempo libero giocando o facendo i compiti, senza un apparente logico motivo, ora si trova scacciato dalla sua dimora di proprietà, senza poter nemmeno vedere i figli ai quali prima quotidianamente rimboccava le coperte per augurare la buona notte, in un appartamento in affitto dove regna un silenzio sepolcrale in confronto all’abitudine del chiasso di tre bambini che giocavano nell’abitazione coniugale, per colpa di una falsa denuncia, che sanno tutti di essere strumentale, alla quale non ci crede nemmeno la ex moglie. Addolorato profondamente dall’ingiustificabile comportamento e dall’ingratitudine della ex, vissuta la falsa denuncia come un tradimento, questo dolore si traduce nel sig. Rossi in rabbia al pensiero che l’uomo che ha testimoniato contro di lui, nuovo compagno della ex, sta a casa sua con i suoi figli, tranquillamente mangia con loro, gioca con loro, accompagna loro al bagno, nel suo bagno, magari anche con sua figlia – lui, l’unico che in tutta quella faccenda ha riconosciuto di aversi fatto toccare il pene! In pratica, al sig. Rossi viene impedito di vedere i figli, di sapere si sono ammalati o meno, o di proteggerli nel caso venissero veramente abusati. La sofferenza del sig. Rossi è inenarrabile… e giustificata. Ora, se voi foste il sig. Rossi, in una situazione simile, disorientato e pieno di rabbia, cosa fareste? (Qualcuno potrebbe obiettare che si trattano di esercizi mentali di fantasia che non avvengono in realtà. Il primo è un esercizio di immaginazione, il secondo è un caso reale, è capitato a me, tranne per il fatto che non si trattava del nuovo compagno della mia ex, ma del compagno di sua sorella, che frequentava comunque la mia ex abitazione, la sostanza insomma non cambia di una virgola). Tradimenti + esproprio del patrimonio + sottrazione figli + false denunce (tutto travestito di giustizia e parità) = ?



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