Ieri sera ho avuto il piacere di ospitare a casa mia per un’intervista una troupe de La7 che lavora per la trasmissione “L’aria che tira“, condotta da David Parenzo. Motivo della visita era, almeno così pensavo io, capire di più del nostro lavoro su questo sito e di tutto il lavoro che altri prima de LaFionda.com hanno portato avanti nei decenni precedenti. Ho dunque accolto la giornalista Isabella Ciotti con la massima disponibilità al ragionamento e al dialogo, pronto a presentare i dati e i fatti che raccogliamo ormai da molto tempo. Più che un’intervista, però, ciò che ne è scaturita è stata una conversazione surreale durata ben due ore. La definisco surreale perché fin dalle prime battute ho avuto l’impressione che la Ciotti fosse venuta con uno scopo ben preciso: prendere l’articolo scritto sul Corriere dalla Gabanelli (costretta per altro a ospitare una replica di Davide Stasi per non finire denunciata per diffamazione) e trasformarlo, no matter what, in un atto d’accusa contro questo portale e chi lo gestisce. Un’intervista-killer insomma, una delle tante che la TV contemporanea produce di tanto in tanto per mostrificare o criminalizzare chi non va a genio al potere o chi si discosta dalla narrazione dominante. Il risultato lo vedrete già nella puntata di oggi, probabilmente in una clip dove due ore di discussione verranno ridotte a tre minuti montati ad arte per farmi apparire misogino, maschilista, brutto e cattivo, o in alternativa semplicemente stupido. Un procedimento noto, affinatosi dal 2020 ad oggi e ormai rodato nel mondo dell’infotainment italiano e occidentale: il modo più efficace per ottundere l’audience e farle digerire le peggio cose.
Alla fine è facile raccontare com’è andata l’intervista: la Ciotti su ogni argomento ha ripetuto a nastro la stessa domanda, sperando che io dessi la risposta che lei (la redazione e i mandanti dell’intervista) voleva e che, ovviamente, sarebbe stata sbagliata e falsa. Solo che io non dico bugie, tanto meno se a volermele far dire è una giornalista che usa la tecnica del disco rotto. La Ciotti ha insistito particolarmente a chiedere perché sul sito c’è una parte dedicata alle donazioni e perché c’è l’opzione fino a 500 euro. Le ho fatto notare che tantissimi siti cercano di mantenersi con le donazioni, anche quello dedicato a Giulia Cecchettin (per dire), e che quella da 500 euro è un’opzione tra le tante messe a disposizione di chi volesse volontariamente aiutare il sito a mantenersi, anche donando un solo euro. Non è obbligatorio donare e donando non si accede a nessuna “area segreta” del sito, dunque dove sta il problema? Non avevo i dati precisi, perché non gestisco io il sito, ma me li sono fatti dare: da gennaio a oggi, attraverso le donazioni questo sito ha introitato la bellezza di 724,95 euro (vedasi rilevazione), che come ogni anno andranno a copertura delle spese di mantenimento del sito (plugin, spazio web, eccetera) e nel fondo di tutela legale o come contributo a qualche associazione (probabilmente LUVV). La Ciotti, ispirata dalla Gabanelli, pensava forse di trovare un paio di Ferrari parcheggiate sotto casa e, non trovandole, mi ha posto una ventina di volte la stessa domanda sulle donazioni. Chissà se ha la stessa insistenza con altri che ricevono donazioni, magari fondi pubblici, tipo i centri antiviolenza, i quali però, diversamente da noi, si guardano bene dal rendere pubblici i loro conti.

Un’intervista-killer.
Per il resto nell’intervista si è parlato del perché ci occupiamo di questi temi (perché non se ne occupa nessuno); perché diamo risalto alle violenze femminili sugli uomini (perché se ne occupano soltanto micro-testate locali, essendo il mainstream troppo impegnato a rilanciare il piagnisteo di una tizia che si è sentita molestata durante una TAC); perché neghiamo i femminicidi (perché in realtà non neghiamo il fenomeno omicidiario, ma critichiamo la dicitura e le classificazione dei casi); se non ci vergogniamo e non ci sentiamo sciacalli a elencare e commentare i casi di femminicidio (perché non fa la stessa domanda agli “osservatori” del Corriere della Sera o de La Repubblica e di tanti altri che fanno la stessa cosa?); che relazione abbiamo con gli incel (nessuna relazione strutturale, è uno dei tanti fenomeni psico-sociali di questi tempi, l’abbiamo studiato e lo studiamo, senza lesinare critiche aspre, ma anche andando a fondo della questione); chi è il gestore del sito (non lo so! Davide Stasi, il fondatore, dopo aver smesso sostanzialmente di scrivere nel 2021, ha lasciato la titolarità del sito ad altri un anno fa e non vuole saperne più di nulla: non ho idea di chi siano i nuovi titolari, comunico con loro tramite un’email generica, vogliono restare anonimi, ed è comprensibile). Questo ed altro. Il tutto, lo ribadisco, con la stessa domanda continuamente ripetuta, uguale o leggermente riformulata, nella speranza che io dessi una risposta utile all’operazione di mostrificazione del sottoscritto, de LaFionda e di tutti coloro che osano criticare una certa narrazione. L’insistenza è stata tale che in più punti la Ciotti è anche riuscita a innervosimi, ma anche questo era ampiamente previsto. Un nervoso suscitato non tanto dall’ottusa ripetizione delle domande, quanto da due aspetti di cui si deve tenere conto d’ora in poi.
Il primo è che non c’è e non ci sarà mai spazio per un confronto vero tra posizioni diverse. La narrazione dominante non ammette che altre opinioni, per quanto documentate e argomentate come le nostre, vengano legittimate al tavolo del dibattito pubblico. Se vengono ammesse è per tentare di distruggere e criminalizzare chi le propone, senza mai discuterle nel merito («se non riesci a distruggere il ragionamento, distruggi il ragionatore», suggeriva Arthur Schopenhauer), se non distorcendole e mistificandole. La mia speranza (anima candida!) di poter istituire un dialogo approfondito durante l’intervista si è schiantata subito contro l’impermeabilità assoluta del sistema e dei suoi bravi mandati a intervistarmi. La seconda conferma l’analisi che LaFionda.com sta facendo dello scenario in atto: c’è un’operazione orchestrata per far rientrare questo sito (e chissà quanti altri) nel novero delle “piattaforme sessiste”, da far chiudere d’autorità, magari con una legge apposita da approvare attorno al 25 novembre. Una buffonata annunciata: come se, chiusa una piattaforma, non se ne aprissero in reazione altre dieci, come se la verità la si potesse comprimere per non farla mai emergere. Illusi… In ogni caso, non importa cosa rispondi, quali dati porti, che ragionamenti proponi: l’etichetta è pronta, così come le conseguenze. Ora, dato che sono anima candida sì, ma non fesso, ho fatto quello che dovevo e ovviamente ho registrato integralmente l’audio dell’intervista, in modo da avere materiale concreto per contestare il killeraggio che tenteranno di fare oggi sia della mia immagine, che della Fionda.com, che di tutti coloro che prendono una posizione critica sui temi di nostro interesse. Nel caso il servizio de La7 andasse oltre il consentito, non avremo remore a pubblicare l’audio integrale. Nel frattempo, restiamo aperti e disponibili a partecipare a dibattiti pubblici bilanciati e rispettosi con chiunque voglia partecipare con noi in quell’avventura difficile ed entusiasmante che è la ricerca della verità.