Gioele ed Evan: la colpa è dei padri, “in quanto uomini”

di Giorgio Russo. Ne abbiamo parlato non molti giorni fa, prima ancora del ritrovamento del corpo di Viviana Parisi e del piccolo Gioele Mondello: i media, senza troppe remore, e l’opinione pubblica dei social e del web, con molta più disinvoltura, avevano già un responsabile individuato, un colpevole acclarato, ossia Daniele Mondello, marito di Viviana e padre di Gioele. La sua faccia non piaceva, il suo modo di parlare non ispirava fiducia, la sua supplica in video suonava a molti come una minaccia. Insomma era sicuramente lui, in quanto uomo (dunque per sua natura violento e oppressore), la causa della fuga di Viviana. Era in famiglia che occorreva cercare la spiegazione della scomparsa. Se non che, svolte un po’ di indagini gli inquirenti hanno scartato praticamente subito la pista della violenza intrafamiliare, con grande dispiacere di media, opinione pubblica e di tutto il femminismo nazionale. Che però una via d’uscita per incolpare l’uomo la trova sempre.

Saltiamo dunque all’oggi: il corpo di Viviana è stato ritrovato. Dopo alcuni giorni di ricerche, si ritrova il corpo di un bambino, molto probabilmente il piccolo Gioele. I due sono morti insieme, secondo una dinamica che gli inquirenti stanno cercando di capire seguendo tre ipotesi: omicidio-suicidio da parte di Viviana, su spinta delle sue pulsioni paranoiche, già manifestatesi in passato; aggressione di animali selvatici; tentativo di stupro (assolutamente impercorribile, ma figuriamoci se non ce lo infilavano). Nel frattempo i mass-media vampireschi hanno succhiato il sangue di Daniele Mondello, mandando a reti unificate la sua disperazione sulla bara del figlio e, per tenere alti i click, già da giorni suggeriscono tra le righe (ma nemmeno troppo) un’evoluzione positiva di tutta la vicenda. Positiva, s’intende, per le loro vendite e per la fame di un colpevole di sesso maschile che attanaglia l’opinione pubblica: la colpa di tutto è di Daniele Mondello, il marito, il padre, l’uomo.

Evan Lo Piccolo
Evan Lo Piccolo

Come ha fatto Stefano Lo Piccolo, il padre di Evan…

Non ha vigilato, non ha impedito che Viviana partisse con Gioele, non è stato attento, questa è l’accusa. La prova è data anche dal fatto che abbia criticato le modalità di ricerca condotte, postando su Facebook un video di un cameraman che fa una ripresa preimpostata insieme a un militare. “Così cercavano mio figlio?”, chiede polemicamente, Daniele. Probabile che lo cercassero così. Infatti è stato trovato da un carabiniere in pensione, unitosi volontariamente alla ricerca: una persona seria perché disinteressata alla visibilità o all’audience. Eppure questi sviluppi non piacciono agli utenti del web: ben alimentati da articoli che sempre più lasciano intendere quanto sarebbe opportuno che la magistratura si focalizzasse su Daniele per non aver vigilato su moglie e figlio, si sprecano i commenti del solito esercito di improvvisati psicologi, criminologi, investigatori. “Si mette a fare il video, ecco come soffre”, sentenziano. “Non mi piace, non mi ispira, quell’uomo. Sembra uscito dal manicomio”, dicono. Salta fuori anche il giuresperito di turno, che suggerisce: “la mancanza di controllo da parte di quell’uomo è un reato”, e cita la fattispecie del Codice Penale. Viviana invece… be’, lei unanimemente è “poverina, sofferente, malata, sola”. Insomma serve un mostro e, come già prima, la plebaglia della bettola internettiana non ha dubbi (screenshot pubblici presi sotto un articolo di “Fanpage”):

Ma, riflettendoci, forse un fondo di ragione costoro ce l’hanno: Daniele poteva fare qualcosa per evitare la tragedia. Poteva impedire a Viviana di uscire di casa, ad esempio. Anzi no: sarebbe stato sequestro di persona o per lo meno maltrattamenti in famiglia, tipico reato maschile contro le donne, secondo la dilagante cultura femminista. Quindi è escluso, anche perché Daniele era unanimemente un marito amorevole e fiducioso, non l’avrebbe mai fatto. Poteva allora fare una denuncia, come ha fatto Stefano Lo Piccolo, il padre di Evan, il bambino di Modica ucciso a botte dalla madre e dal suo nuovo compagno. Stefano aveva fatto un esposto per denunciare i maltrattamenti al piccolo, ma la Procura di Genova ha pressoché ignorato. Oggi si giustifica vergognosamente dicendo che l’esposto era “senza prove”, quando esperienza diretta comprova che se la denuncia è presentata da una donna contro un uomo, nessuna prova è necessaria: il procedimento scatta immediatamente, senza remora alcuna. Nessun “codice rosso” se la denuncia arriva da un uomo o da un padre contro una donna o una madre. Ora Stefano si chiede, disperato: “Dove è scritto che la legge è uguale per tutti?”. Dappertutto è scritto, caro Stefano. Solo che non è vero, se appartieni al genere che ormai tutti credono a prescindere portatore di una colpa secolare ed intrinseca, ovvero al genere maschile. Stai certo che a parti invertite, se la tua ex moglie avesse denunciato te (vera o falsa che fosse stata la denuncia), il bambino non l’avresti visto più, ti avrebbero appeso per le palle nel salone centrale del carcere di Marassi e la tua foto sarebbe finita su tutti i media e i social, circondata da espressioni di viva e vibrante soddisfazione da parte dell’intero consesso civile plasmato dall’ideologia femminista.

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