Parlando di morti sul lavoro, Giorgia Meloni ha dichiarato di recente: «La sicurezza è la priorità». No Presidente, non è vero, non è affatto una priorità per il suo Governo. Forse lo è nei proclami, tanto le chiacchiere non costano nulla, ma sicuramente non lo è nell’agenda dell’Esecutivo. Come non è mai stata una priorità per i Governi precedenti. Azioni concrete? Stanziamenti? Leggi mirate? Ispettori nei cantieri, nelle fabbriche e sulle impalcature a verificare l’applicazione delle misure di sicurezza prima che succeda l’irreparabile? Niente di tutto questo, le morti bianche non sono oggi un’emergenza sociale e non lo sono mai state nemmeno in passato. Inconvenienti spiacevoli ma in fondo da mettere in conto; fa parte del gioco accettare il rischio di attività lavorative usuranti, pericolose, invalidanti, a volte letali.
Alla morte di ogni operaio non si registrano cortei, fiaccolate, flash mob, servizi televisivi per settimane, dichiarazioni di parlamentari indignate, annunci di misure straordinarie per contenere il fenomeno, non se ne parla nelle scuole perché sarebbe duro spiegare agli alunni che ogni anno almeno 1.000 di loro non vedranno il padre tornare a casa perché è rimasto sepolto sotto una frana, stritolato da una pressa, precipitato da un ponteggio, schiacciato da una lastra di marmo o avvelenato dalle sostanze tossiche respirate lavorando. È dura anche parlare degli infortuni sul lavoro che – pur senza registrare il decesso dell’operaio – comportano invalidità permanenti, quindi altre migliaia di alunni vedranno il padre tornare senza una mano, le gambe, un braccio, un occhio o paralizzato per sempre su una sedia a rotelle.

L’emergenza di Valditara & Co.
No, nelle scuole non si deve parlare delle croniche falle nella sicurezza sul lavoro. Di cosa si può parlare? Rispetto per le donne al fine di debellare il femminicidio, questo è l’argomento che il Ministro Valditara ha inserito nelle Indicazioni Nazionali per le scuole a partire dal primo ciclo di istruzione. Ecco qual è la priorità del Governo. Presidente Giorgia Meloni, è proprio necessario chiarire qual è l’unica emergenza sociale che calamita da anni interessi politici e soldi, tantissimi soldi? Non sono certo i morti sul lavoro, è un altro il fenomeno sul quale convogliare attenzione politica e mediatica, attività legislativa, sensibilizzazione istituzionale a tappeto e soprattutto fondi pubblici a pioggia. Un solo esempio: esiste una Commissione Femminicidio (qualche decina di casi all’anno), non esiste una Commissione Operaicidio (un centinaio di casi al mese). Serve altro per dimostrare quale sia la priorità squisitamente ideologica del Governo, anche se scollata dai dati concreti?
Da osservatori attenti – rompiscatole, ma attenti – notiamo poi come l’articolo dell’ANSA, riferendo il report INAIL, tenga a sottolineare che «l’Italia presenta un tasso di infortuni mortali, secondo gli ultimi dati Eurostat riferiti al 2022, pari a 0,87 ogni 100mila occupati, inferiore alla media Ue (1,26)». Giusto, ma un analogo confronto della situazione italiana con i dati internazionali in generale ed europei in particolare non viene mai fatto quando si parla di femminicidi e violenza di genere. L’Italia è il paese più sicuro per le donne, quello a minore incidenza di omicidi, stupri e violenze in generale, sia in valori assoluti che percentuali sulla popolazione residente. Ma la narrazione mainstream si accanisce a parlare di strage, mattanza, sterminio, violenza strutturale e di sistema agita dai maschi italiani/bianchi/cis/figli sani del patriarcato. L’emergenza non esiste, quindi deve essere costruita a tavolino tramite una narrazione distorta ed invasiva, da regime nordcoreano. O da MinCulPop, per chi soffre di nostalgia.
Le chiacchiere sono gratis.
Quando invece si vuole mostrare l’aspetto virtuoso, le comparazioni con i dati internazionali appaiono, eccome se appaiono. Come a dire “vabbè, sarà anche vero che crepano 1200 operai ogni anno, ma le cose non vanno tanto male perché in Francia ne crepano di più”. Il report INAIL comprende inoltre un paio di grafici sulla ripartizione per sesso degli infortuni mortali. Curioso il grafico che suddivide per sesso le denunce per infortuni mortali: le candele affiancate lascerebbero credere che i dati siano più o meno analoghi, addirittura con una prevalenza femminile nelle fasce d’età 50-64 ed over 64. Nonostante l’argomento sia dolorosamente triste, si gioca sull’equivoco. Il grafico va letto in combinato disposto con la torta che divide per sesso i morti sul lavoro: 93,7% uomini, 6,3% donne; dato abbastanza ovvio, visto che i lavori in cui si rischia la pelle non registrano rivendicazioni di quote rosa. Nel grafico delle percentuali fintamente simili, quindi, le candele femminili sono relative al 6,3% ed è quantomeno fuorviante, per non dire altro, affiancarle alle candele maschili relative al 93,7% dei decessi. Ma i professionisti dell’informazione sono fatti così, e non da oggi. Ad esempio giova ricordare l’utilizzo strumentale della povera Luana d’Orazio, l’unica vittima che periodicamente viene ricordata quando si parla di morti sul lavoro. Migliaia di Mario, Carlo e Luigi non sono più tornati a casa, migliaia di Nicola, Aldo e Marco hanno lasciato mogli, figli, madri e sorelle tra le lacrime, eppure si cita solo Luana morta ormai 4 anni fa.
Ultima riflessione. La Premier Meloni dice che la sicurezza sul lavoro è una priorità, magari la settimana prossima se ne dimentica ma ora lo dice. Le cifre testimoniano impietosamente una larghissima maggioranza di decessi maschili, pertanto se questo Governo riconoscesse come emergenza sociale le morti bianche proporrà delle riforme a tutela degli operai maschi, dei contadini maschi, dei minatori maschi, etc.? Sarebbe inaccettabile, in primis per chi scrive, legiferare per una determinata fetta della popolazione escludendone un’altra. Anche se le donne decedute sono “solo” una frazione minima rispetto agli uomini il fattore numerico deve essere ininfluente, uguale dignità di tutela va garantita a chiunque a prescindere dal sesso. Però è esattamente quello che ha fatto questo Governo col DDL femminicidio, prevedendo pene mirate per chi uccide una donna in-quanto-donna. Il Ministro per le Pari Opportunità Eugenia Roccella ha scritto proprio così: donna in quanto donna. Una cialtronata folle, priva di qualsiasi criterio giuridico ed infatti velocemente rivista, ma è significativo che sia stata proposta in quella forma da rancoroso volantino femminuccista. Non è un’opinione ma un fatto concreto, estremamente concreto, che accende i riflettori su quale sia la priorità di questo Governo. Adesso facciamo finta di occuparci della sicurezza sul lavoro, dai, tanto le chiacchiere sono gratis.