TGcom24 ha pubblicato una scheda sui femminicidi, con un elenco di 32 fatti di sangue comparsi in cronaca dall’inizio dell’anno fino al 16 luglio, corredati dal solito allarme «il numero delle vittime continua a salire». È falso. I femminicidi sono costantemente in calo da anni, eppure i professionisti dell’informazione si accaniscono nel sostenere il contrario. Non esiste una fonte ministeriale che pubblichi un elenco dei femminicidi, non potrebbe essere diversamente poiché non esiste nemmeno una definizione ufficiale di femminicidio. Sorvoliamo sulla definizione “donna uccisa in quanto donna” che il recente DDL Bonetti ha tentato di introdurre nel codice penale, troppo ridicola per essere commentata e infatti aspramente criticata e velocemente modificata. Poiché non esiste una definizione ufficiale, le diverse fonti ufficiose pubblicano elenchi discordanti fra loro e sparano cifre a caso: chi dice 160 femminicidi all’anno, chi 140, chi uno ogni due giorni (quindi 180), chi uno ogni tre (quindi 120). La regola comune è che bisogna gonfiare i numeri.
A fine 2025, come ogni anno, pubblicheremo su La Fionda una accurata demistificazione di tutti gli episodi spacciati per femminicidio, ma intanto non possiamo ignorare la solita strumentalizzazione: nel grande contenitore dei femminicidi viene inserito di tutto, pur di far salire il macabro totale che nonostante le strumentalizzazioni registra 32 casi nei primi 6 mesi e mezzo del 2025. La proiezione sull’intero anno porta a più o meno a 60 casi, circa la metà dell’anno scorso ma per TGcom24 il numero delle vittime “continua a salire”. Si continua a giocare sull’equivoco, come sempre. Ad esempio i dati relativi agli omicidi volontari dello scorso anno (fonte Direzione Centrale Polizia Criminale) registrano il macrogruppo “vittime di sesso femminile” (113), poi il sottogruppo “di cui in ambito familiare/affettivo” (99), e l’ulteriore sottogruppo “di cui da partner/ex partner” (61).
I nostri fatti contro la fuffa del mainstream.
Il femminicidio, nonostante circolino una ventina di definizioni tanto ufficiose quanto fantasiose, dovrebbe essere un delitto figlio della gelosia morbosa, del possesso, dell’incapacità di accettare un rifiuto stile o mia o di nessuno. Eventualmente una lista di delitti corrispondenti a tali caratteristiche dovrebbe essere individuata in una frazione dell’ultimo sottogruppo, stornando dai 61 casi i delitti pietatis causa e quelli legati a moventi economici o disturbi psichiatrici del reo. Lo scorso anno i casi rispondenti a tali criteri erano 26. Tutti i media ignorano tali inutili sottigliezze, è faticoso passare i dati al pettine fino quindi preferiscono divulgare notizie tagliate con l’accetta: qualsiasi donna uccisa da chiunque e per qualunque motivo è un femminicidio, ecco perché i titoli prendono in considerazione solo il macrogruppo (113).
Chiarito l’equivoco di fondo sul quale si basa la divulgazione dolosa di dati falsi, passiamo alla scheda di TGcom24… e allora vediamoli, questi 32 casi. Da una veloce analisi saltano fuori un suicidio, un gioco erotico finito male, il duplice omicidio di una coppia di fidanzati da parte di un vicino e i soliti delitti pietatis causa, l’anziano marito che si toglie la vita dopo aver ucciso la moglie malata per non farla più soffrire. Non poteva mancare la donna uccisa da un’altra donna, ogni anno nell’elenco figurano madri uccise dalle figlie e figlie uccise dalle madri, zie uccise dalle nipoti; quest’anno compare l’omicidio-suicidio di una coppia lesbica. Poi una decina di episodi registrano vittime e autori stranieri: ciò non significa che una vittima albanese o peruviana sia meno grave di una vittima italiana, il dato serve a smontare la narrazione secondo la quale gli uomini italiani dovrebbero essere rieducati poiché il problema è tutto italiano e chi non lo ammette è parte del problema: il nostro è un Paese irrimediabilmente inquinato da sovrastrutture culturali misogine e patriarcali. Quindi il nigeriano uccide la fidanzata e devono essere rieducati il Carabiniere casertano che lo arresta, il PM milanese che lo incrimina, il Giudice veneziano che lo condanna. A posto così Un’analisi più approfondita, come sempre, a fine anno.