Prendiamo ad esempio questi due episodi, uno avvenuto a Otranto e l’altro a Napoli, per dimostrare lo sciacallaggio ignobile dei fanatici “femminicidio-a-tutti-i-costi”:
Il 18 maggio muore Mariateresa Parata, 81 anni. A spararle è il marito Aldo Brigante, 85 anni, che poi si è suicidato. Era geloso, autoritario, possessivo? Sospettava che lei avesse un amante? Non accettava la separazione? Non accettava la scelta femminile di libertà, indipendenza, autonomia? È quindi un oppressore patriarcale? Niente di tutto questo. Aldo ha ucciso Mariateresa per non farla più soffrire: alla donna era stato diagnosticato un tumore al pancreas, uno dei più aggressivi e senza via d’uscita. Entrambi erano malati terminali, la moglie era rassegnata all’inevitabile ed aveva rifiutato le cure accettando quindi dolori e sofferenze, il marito sapeva di doversene andare da questo mondo prima di lei e non voleva lasciarla soffrire da sola. Si tratta quindi di un omicidio-suicidio maturato a causa di dolore, disperazione, pietà. L’ha uccisa e si è ucciso, la figlia li ha trovati sdraiati uno accanto all’altra nel letto. Volevano morire insieme, il triste proposito emerge dai biglietti lasciati sul comodino. Dice l’articolo: «l’uomo aveva lasciato alcuni fogli scritti a mano sul comodino della camera da letto, dove spiegava il motivo del gesto: non voleva più vivere e temeva di lasciare la moglie da sola. Entrambi soffrivano di patologie croniche e debilitanti. Mariateresa, in particolare, aveva da poco ricevuto una diagnosi severa: tumore al pancreas, ma avrebbe rifiutato le cure. Un dolore condiviso e silenzioso, che pare abbia alimentato un progetto estremo di uscita a due».
Quattro giorni dopo, il 22 maggio, a Napoli, Ilaria Capezzuto spara alla compagna Daniela Strazzullo, poi si punta la pistola alla tempia e preme il grilletto. Ilaria muore subito in strada, Daniela il giorno dopo in ospedale. Il motivo della lite finita nel sangue sarebbe la mancata accettazione della fine di una relazione tra le due donne, la richiesta dell’ultimo incontro chiarificatore ha fatto il resto. Due donne decedute a distanza di pochi giorni una dall’altra, nessuna delle due definibili femminicidi in quanto uccise dal maskio/bianco/etero/figlio sano del patriarcato. Vediamo ora i criteri di classificazione di tragedie simili, purtroppo tutt’altro che rare. Quella che segue è la griglia relativa al 2024 pubblicata ogni anno dalla D.C.P.C. – Direzione Centrale Polizia Criminale, per catalogare gli omicidi volontari.
Come si gonfiano i numeri del “femminicidio”.
La prima voce (113) comprende donne uccise da chiunque e per qualunque motivo; la seconda (99) comprende donne uccise in ambito domestico, quindi anche figlie, madri, nipoti, badanti; la terza (61) comprende donne uccise da mariti o ex mariti anche con moventi economici, disturbi mentali conclamati o delitti eutanasici come quello di Otranto, casi che non hanno nulla a che fare con gelosia, possesso, oppressione etc. Nel caso di Otranto si tratta di una morte violenta quindi ai fini statistici Mariateresa Parata nelle statistiche del 2025 entrerà sia nel macrogruppo “vittime di sesso femminile”, sia nel sottogruppo “vittime in ambito familiare ed affettivo”, sia nel sottogruppo “vittime di partner o ex partner”. Allo stesso modo Daniela Strazzullo verrà conteggiata in tutti i gruppi, compreso l’ultimo in quanto uccisa da partner o ex partner, pur non essendo vittima di un maskio/bianco/etero/figlio sano del patriarcato. A tutti gli effetti Mariateresa è stata uccisa dal marito e Daniela dalla ex convivente, tuttavia tali casi sono la inequivocabile dimostrazione che la voce “vittime di sesso femminile” non è affatto sinonimo di femminicidio, come non lo è la voce “vittime in ambito familiare ed affettivo” e non lo è nemmeno la voce “vittime di partner o ex partner”.
Però i fanatici del “femminicidio-a-tutti-i-costi” non possono lasciarsi scappare due tacche in più da mettere nel macabro conteggio, è indispensabile gettare di tutto nel grande calderone dei femminicidi. C’è la smania febbrile di gonfiare le statistiche, altrimenti non si potrebbe lanciare l’allarme farlocco “un femminicidio ogni 2 o 3 giorni”. Per questo i numeri da propagandare devono per forza essere a tre cifre, mentre in realtà i femminicidi propriamente detti (definizione della Polizia di Stato) sono meno di 30. Non è chiaro se sia l’analfabetismo funzionale o la pura e semplice malafede a sconfinare nella cialtronaggine, infatti i media puntano in alto spacciando tutto per femminicidio. Non solo i casi dell’ultimo sottogruppo, tutte le 113 donne uccise nel 2024 sono vittime di femminicidio. Ribadiamolo per l’ennesima volta: la nostra non è una negazione della violenza maschile, è la contestazione – estremamente documentata – ai numeri falsi sui femminicidi. Sosteniamo da sempre che sarebbe grave anche una sola donna uccisa dalla gelosia morbosa dell’ex marito, ma chiediamo spiegazioni sulla ossessiva frenesia di tutti i media e di mezzo Parlamento nel propagandarne sempre più di 100. Senza mai ricevere risposte concrete.